Stanno Facendo un 48

Covid, Maurizio Manno: un antivirale ha dato delle ottime speranze

Non c'è una terapia univoca per il covid-19, oggi un antivirale dà ottime speranze. Sbagliato imitare il modello lombardo

Covid, che cosa non ha funzionato? Questo è l’argomento della prima puntata di “Stanno Facendo un ’48″, trasmissione condotta da Patrizio Baroni. In questo video il dottor Maurizio Manno parla un antivirale che ha dato delle ottime speranze.

Il Dott. Maurizio Manno parla delle terapie

“Se si fosse avuto un protocollo per la terapia, soprattutto domiciliare, fin dal primo momento si sarebbero potute salvare molte vite. Ma non sono ottimista sul fatto che ci sia terapia univoca per questa malattia. È molto articolata e non è una semplice influenza. Tutt’oggi ci sono cose che vanno studiate e che non si conoscono. Una di queste è la variabilità tra diversi individui contagiati in condizioni simili: uno non mostra sintomi o quasi e l’altro va al decesso. Oppure i bambini non sono suscettibili e i meccanismi per cui questo accade non sono chiariti”.

“C’è un impatto enorme delle co-mobilità. Abbiamo visto soprattutto nelle prime fasi che chi ha più patologie è più suscettibile. È una patologia grave non ben conosciuta con ancora dei protocolli non chiari. Alcuni farmaci che si ritenevano efficaci alla prova dei fatti non si sono confermati. Adesso c’è un antivirale che ha dato ottime speranze sulla base di studi sperimentali, che potrebbe cambiare le cose. Tuttavia un uso appropriato di alcuni farmaci semplici come la cardio aspirina, il cortisone, ma anche farmaci in uso come il Bisolvon, la Bromexina, avrebbero potuto, se somministrati in maniera precoce, limitare il numero di decessi”.

Le critiche del Dott. Salvatore Lihard

“Vorrei fare un passo indietro. oltre all’elenco delle cose che non funzionano e che non stanno funzionando vorrei ricordare che il modello veneto fino a qualche anno fa era un punto di riferimento nazionale ed internazionale. Prima ancora della legge nazionale di riforma sanitaria del 1978 il Veneto già praticava buone programmazioni socio-sanitarie. Riusciva a mettere insieme il sociale con il sanitario, al centro c’era la persona per garantire continuità assistenziale”.

“Invece con l’ultima legge regionale di ambito socio-sanitario si è pensato di imitare il modello lombardo, cioè grandi ospedali, super attrezzati e quasi nulla per il territorio. La pandemia ci insegna che il territorio è fondamentale. Se non avessimo avuto i medici di base, i medici USCA, gli ospedali sarebbero ingolfati già da un anno. Anche nelle conferenze stampa di Zaia la monopolizzazione è sempre incentrata su una cultura ospedalocentrica, e non c’è nessun avviso di provvedimento per quanto riguarda il territorio”.

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