Achille Lauro torna con un nuovo album: “Lauro” dove esplora diverse sensibilità sonore e attraversa vari argomenti. L’album affronta anche questioni di cui in questi anni è diventato simbolo, come la lotta alla mascolinità tossica.
Achille Lauro
Nel 2018 Achille Lauro pubblicava Pour l’amour, dove c’erano i semi della poliedricità con cui si sarebbe confrontato in futuro, sia a livello sonoro che d’immagine.
Nella cover dell’album e in quella di “Angelo blu” c’era tutto quello che avreste dovuto sapere sulla sua idea di mascolinità tossica. Dopo di che ne sono venuti tre che hanno analizzato un diverso genere e un diverso periodo.
Con “Lauro”, il cantante è tornato a comporre un album dalle varie anime e sfaccettature. Dentro ci sono vari riferimenti (da Prince a Vasco Rossi) e le solite citazioni cinematografiche e pop in generale. La scrittura prende varie direzioni, alternando vere e proprie storie ad altri costruite per immagini.
In questi anni qualcuno è rimasto sconvolto, ma l’impressione, è che Lauro non sia altro che un artista che decostruisce se stesso, in continuazione, per trovare una strada nuova. Decostruisce l’idea di mascolinità tossica in cui è vissuto, rompendo lo schema che poteva permettergli di conservare il suo pubblico.
L’album Lauro
“Io scrivo tanta musica, se non ho niente da dire non scrivo nulla, altrimenti in tre giorni scrivo 15 pezzi. Avevo tanti brani da parte e nel 2020 ho deciso di far uscire questi progetti da “1969” che era un vero e proprio album e poi i suoi figli che sono stati “1990” e “1920” che erano progetti notturni, nati nella massima spontaneità. Lauro riparte un po’ dai veri miei stati d’animo, sono le mie canzoni, le mie poesie, alcune sono quasi state scritte senza musica, poi arrangiate, altre scritte con dei giretti di chitarra miei.
A livello di sound si divide in due grandi macroaree e anche di feeling: quella introspettiva, proprio tempesta dell’anima e quella punk-rock-grunge, può essere incasellato lì. A grandi linee troviamo tante sfumature perché fanno parte delle sfumature del mio carattere.
Nella copertina di Lauro si incarna un po’ il senso di tutto, innanzitutto perché abbiamo la seconda possibilità, quella “O” in rosso come per dire che c’era stata una fine ma ho deciso di prendermi una seconda possibilità.
Associato a ogni lettera, poi, c’è un genere musicale che ho presentato durante Sanremo: il glam rock, il rock and roll, la musica pop, il punk rock e classic orchestra che vanno a comporre il nome Lauro”.
Battaglia contro la mascolinità tossica
“Io sono cresciuto in quel tipo di ambiente, a cui effettivamente manca una base culturale per fare dei discorsi che andrebbero fatti nel 2022, ovvero la libertà di lasciare spazio a tutte le persone.
Per me anche parlare di diversità, oggi, è fuori luogo, purtroppo capita che a volte in periferia soffri lo stato di abbandono, la Cultura non ha un posto, non c’è istruzione e di conseguenza nascono tutte queste dinamiche. Io sono contento di essere il portavoce di quel mondo, cercando di inserire nuove tematiche.
Sono un po’ vittima e un po’ figlio di quel mondo lì e di conseguenza sono anche un po’ allergico a quella sfumatura di quel mondo. Io amo la periferia, amo Roma, la poesia nascosta nell’abbandono, la genuinità delle persone, ma come tutto ci sono anche lati negativi.Bisogna essere intelligenti a non dare peso a quello che arriva dall’esterno. Se la critica è costruttiva bisogna analizzarla, ma bisogna avere comunque molto chiara la propria visione”.
Il concetto di religione
“La rappresentazione visiva secondo me è importante, perché quell’iconografia rappresenta per l’Italia, Paese basato su questo tipo di raffigurazione qualcosa di misterioso che tutti conosciamo. La Madonna, San Francesco, sono icone che rappresentano qualcosa di forte a livello di concetto, nonché di misterioso, che lega tutti quanti, e di pop, ovviamente.
Di conseguenza io sono uno che è nato e cresciuto con un’educazione cristiana e per quanto non creda nella religione ordinaria, sono profondamente credente, quindi è anche un rappresentare qualcosa che fa parte di me e in cui io credo.
Metto sempre in mezzo Dio nei miei testi perché comunque per me il mistero della vita, di una figura che non conosciamo ma c’è, è qualcosa di reale, proiettata sia a livello visivo che autorale”.