Marco Paccagnella, presidente di Federcontribuenti, ritorna davanti alle nostre telecamere per parlare di Equitalia, Agenzia delle Entrate e banche.
In questa puntata di ADR siamo di nuovo in compagnia di Marco Paccagnella, presidente di Federcontribuenti, e continuiamo a parlare dell’Agenzia delle Entrate e dei suoi sistemi. I funzionari dell’Agenzia delle Entrate ricevono incentivi e bonus, che andrebbero dati ad aziende molto produttive, ma se in Italia l’evasione ammonta a 120/160 miliardi di euro vuol dire che i controlli nei posti giusti non sono stati fatti: premiare per non aver fatto un buon lavoro è contro l’etica morale. Per diminuire l’evasione, suggerisce Paccagnella, bisognerebbe rendere appetibile lo stato sul lato della sicurezza dei soldi, della tassazione e della detraibilità, cioè pagare le tasse sul guadagno effettivo, non su quello che uno ha già pagato per creare la propria azienda, non c’è quindi il 43/44% di tassazione, ma il 68/70%. Questo e anche il fatto che non esiste privacy sui conti correnti non porta attrazione di capitali . Un esempio: a uno che ha perso il lavoro si fa fare dei bonifici da parenti e amici per sopravvivere, è accaduto che l’Agenzia delle Entrate abbia notato questi soldi, non dichiarati, sul conto e ne abbia chiesto spiegazione, volendo sapere i nomi dei benefattori per indagare anche dove loro abbiano trovato quei soldi. In uno stato con un’evasione altissima, che senso hanno questi controlli? Bisogna creare fiducia, abbassare la pressione fiscale e nel caso uno non paghi allora si deve procedere con il portagli via tutto, ma il cittadino onesto non può pagare anche per i disonesti. Anche gli studi legali che funzionano sono pochi dal momento che si distrugge la giustizia e non si ha più la certezza della pena. Un esempio: sono state presentate due cause identiche al Tribunale di Bologna, in quarta sezione, ma un giudice ha riconosciuto diritto pieno, l’altro lo ha respinto, ciò può accadere solo perché le leggi sono troppo interpretabili. Inoltre la giustizia è diventata una cosa per ricchi anche senza considerare il costo del professionista. Parlando di canone Rai è accaduto che si è imposto il pagamento di questa “tassa” anche a un non vedente con la minaccia dell’interruzione della fornitura di corrente elettrica. Il cosiddetto canone è una vera e propria tassa sugli apparecchi audiovisivi, non è un canone inteso come abbonamento per avere un servizio, come dicono gli spot, che, a questo punto, potrebbero essere definiti pubblicità vessatoria. Negli altri stati si paga molto meno e si paga per un unico canale della TV di stato, senza pubblicità, e ad informazione totale; tutti gli altri canali sono privatizzati e un soggetto non può possedere più di un’emittente televisiva. In Italia si dovrebbe diventare normali, come gli altri, ma è difficile perché ci sono troppe forze in gioco. Per quanto riguarda la chiusura di Equitalia, non è per niente necessaria. Equitalia è un mero esecutore di ordine, i mandanti sono l’Agenzia delle Entrate e il Ministero delle Finanze, che dovrebbero aiutare chi, in periodi di crisi come quello attuale, non riesce a pagare. Non si può sopprimere l’agenzia di riscossione, ma si può insegnare la coscienza fiscale con il buon esempio, cioè pagando le tasse per avere un certo tipo di servizi (ad esempio pagando le contravvenzioni si può sperare di avere una maggior manutenzione stradale). Chiediamo a Paccagnella quanto dovrebbe guadagnare un controllore (dell’Agenzia delle Entrate, un finanziere o un carabiniere) per non cadere nella tentazione di “arrotondare” in modi discutibili. La polizia negli USA viene pagata in maniera congrua al proprio lavoro, ma anche lì qualcuno potrebbe tentare di mettere in mano una mazzetta a qualche agente, ma lo fanno in pochi perché si finisce in carcere e viene tolta anche la pensione. In questo modo si riduce molto il bacino del reato di corruzione. Parlando di banche, Paccagnella ci informa che le banche stanno andando male perché il denaro che hanno prestato alle aziende, poi fallite, non è più tornato, creando i cosiddetti “crediti deteriorati”. Lo stato dovrebbe fare un decreto salva imprese in modo che le banche ritornino in possesso di questi crediti. Quando si vendono obbligazioni subordinate e azioni a scopo di truffa nessuno finisce in carcere, perché il problema sarebbe la crisi e comunque la banca non può restituire perché non ha i soldi. Ma come è possibile che i dirigenti, che hanno mentito sapendo di farlo, si spartiscano stipendi faraonici? Le azioni legali dei risparmiatori truffati dovrebbero rivolgersi contro questi dirigenti, non contro la banca che soldi non ne ha. Il sistema della legge sulle banche, dice Paccagnella, funziona come se le banche entrassero in casa a rubare e lo stato fosse fuori a fare da palo. E’ capitato, infatti, che molte persone potenti e scomode sono state liquidate, quando la banca era già in perdita, con cifre impressionanti prese dal popolo.