Per quale motivo, dalla sua visione, ci sono questi ritardi che stanno rallentando questo percorso?
Perché abbiamo la comunità europea che ha creato non pochi ostacoli o problemi nel rendere disponibile un decreto legislativo che è efficace dal punto di vista operativo. Adesso è uscito un provvedimento, dove, per i comuni inferiori e 5.000 abitanti, possono portare a casa il 40% del contributo a fondo perduto per la costruzione dell’impianto, che serve per creare la comunità energetica. Laddove ci sono due soggetti privati che vogliono condividere l’energia elettrica che viene prodotta, hanno la possibilità attraverso uno strumento che si chiama comunità energetica.
Come funziona la comunità energetica per i privati?
Legandosi dal punto di vista giuridico attraverso la costituzione di una associazione. I due che abitano in abitazioni limitrofe, se uno ha disponibilità di superficie fa l’impianto fotovoltaico, porta a casa il contributo del 40% a fondo perduto e l’energia che produce la condivide con il suo vicino.
Il comune deve dare un esempio, perché è il primo consumatore di energia. Quindi, deve creare lui le condizioni e le potenzialità affinché questo meccanismo si sviluppi. Il privato, che poi molte volte non è legato dalla burocrazia, che insiste invece nell’apparato pubblico, può altrettanto sfruttare questa opportunità nel creare una condivisione energetica con i soggetti che lui decide di aggregare.
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