Far credere ai figli che Babbo Natale esiste rischia di scalfire la fiducia nei genitori, con ripercussioni psicologiche.
Molti genitori raccontano ai loro bambini che Babbo Natale esiste, convinti che sia una bugia innocente, magari persino utile a coltivare la fantasia infantile. In realtà, la simpatica menzogna, una volta venuta a galla – quando i pargoli, cresciuti, apprenderanno che il simpatico vecchietto in effetti non esiste – rischia di scalfire la fiducia dei figli nei confronti di mamma e papà, con ripercussioni psicologiche! Lo sostengono due psicologi: la canadese Kathy McKay e il britannico Christopher Boyle, in un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet.
La ricerca, intitolata “A wonderful lie” (“Una meravigliosa bugia”), esamina le implicazioni generali del raccontare bugie ai figli piccoli, giungendo alla conclusione che in alcuni casi è giusto: “Mentire è moralmente problematico”, si legge, “ma mentre le menzogne sono inaccettabili, quando nascono da un interesse egoista, ne esistono alcune di accettabili. Una cosiddetta bugia innocente volta a proteggere qualcuno, per esempio, come quando si dice a un bambino che il loro animaletto morto andrà nel paradiso degli animali, anziché raccontargli la dura verità che è rientrato nel ciclo del carbonio”.
Tuttavia raccontare storie su Babbo Natale non rientra nella casistica delle bugie innocenti, secondo gli autori dello studio, perché non servono a proteggere da alcun dolore o da verità troppo grandi, come la morte.
Che raccontare le storie su Babbo Natale sia nocivo non è una tesi nuova: nel 2009 lo psicoterapeuta americano David Kyle Johnson aveva pubblicato un libro, intitolato “The Myths that Stole Christmas” (“I Miti che hanno rubato il Natale”), in cui sosteneva posizioni simili a quelle di Boyle e McKay. Le bugie su Babbo Natale andrebbero evitate, sostiene Johnson, per tre motivi: primo perché è una menzogna che non ha forte giustificazioni, poi perché rischia di danneggiare il rapporto di fiducia tra figli e genitori, e infine perché “incoraggia la credulità”.