Cultura e Spettacolo

Secondo Greenpeace gli italiani sono “malati di shopping”

Per un sondaggio commissionato da Greenpeace la metà degli italiani compra più del necessario: un comportamento che influisce negativamente sull’ambiente.

Il 51% degli italiani acquista più abiti di quanto avrebbe bisogno: alcuni non vengono mai utilizzati, confessa il 46% degli intervistati di un sondaggio Swg – per conto di Greenpeace – su mille connazionali di età compresa tra i 20 e i 45 anni. L’eccesso negli acquisti riguarda anche borse (per il 39% del campione), scarpe (44%) e altri accessori (45%).

Secondo quanto emerso dalla ricerca, per oltre la metà delle persone lo shopping esagerato di abbigliamento rappresenta un aiuto per combattere noia e stress e, allo stesso tempo, un volano per accrescere l’autostima. Anche se, per gli stessi intervistati l’euforia da shopping ha breve durata, seppur intensa e si esaurisce in media nello spazio di due giorni dopo l’acquisto.

Il responsabile “Campagna inquinamento” di Greenpeace Italia, Giuseppe Ungherese, denuncia le conseguenze ambientali che può avere uno shopping compulsivo: «La presenza di offerte e promozioni – dice – rappresenta una tentazione irresistibile per tre italiani su quattro ma, viste le basse percentuali di riciclo degli abiti, questo genera un elevato impatto ambientale».

La fascia della popolazione più incline allo shopping compulsivo (qui c’è un test per scoprire se la cosa vi riguarda) è quella delle donne residenti al Nord-Ovest e nel Sud Italia, fra i 30 e i 39 anni d’età, con un reddito personale di circa duemila euro al mese. «Le donne giovani con un lavoro ben remunerato sono quelle che subiscono maggiormente lo stress di una società altamente competitiva», spiega Donata Francescato, docente di Psicologia di comunità alla Sapienza di Roma.

Da non trascurare l’influenza dei social sulla propensione agli acquisti, definita “medio-alta” – dagli autori del sondaggio – per quanto riguarda i capi di abbigliamento, mentre nove intervistati su dieci dichiarano di aver effettuato acquisti online. «Se queste abitudini non cambiano – sostiene Ungherese – nei prossimi anni il nostro Pianeta sarà invaso da montagne di rifiuti tessili».

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