Abbiamo perso nella notte Ermanno Olmi, bergamasco d’origine e asiaghese d’adozione, uno dei grandi registi del cinema italiano degli ultimi 50 anni, vincitore a Cannes con “L’albero degli zoccoli” e a Venezia con “La leggenda del santo bevitore”.
È morto la notte scorsa all’ospedale di Asiago, a 87 anni di età, il regista Ermanno Olmi: da tempo stava combattendo contro una grave malattia, che lo ha portato a un ricovero d’urgenza venerdì scorso. Nato a Bergamo il 24 luglio 1931, in una famiglia contadina profondamente cattolica, trascorse l’infanzia tra il mondo operaio della periferia milanese e quello contadino della campagna bergamasca.
Il primo lungometraggio “Il tempo si è fermato”, racconto del rapporto tra uno studente e il guardiano di una diga, è del 1959, due anni dopo gira “Il posto”, accolto bene dalla critica, in cui descrive le esperienze di due giovani alla ricerca del primo lavoro. La protagonista Loredana Detto, divenne sua moglie e madre dei loro tre figli.
Il 1965 è l’anno di “E venne un uomo”, sentita biografia di Papa Giovanni cui si sente unito dalle comuni origini, ma il grande successo – dopo alcune opere non particolarmente riuscite- lo raggiunge nel 1977 con “L’albero degli zoccoli”, film sulla vita dei contadini padani recitato da attori non professionisti e in dialetto bergamasco, che vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Poi la doppietta veneziana: nel 1987 vince un Leone d’Argento con “Lunga vita alla signora”, che l’anno dopo diventa d’oro con “La leggenda del santo bevitore”.
Ancora a Cannes presenta, nel 2001, “Il mestiere delle armi” che vinse ben nove David di Donatello per il miglior film, regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, musica, montaggio, scenografia e costumi. E dopo il Leone d’Oro alla carriera del 2008, arrivano “Il villaggio di cartone” nel 2011, sul tema dell’immigrazione e “Torneranno i prati”, diretto nel 2014 a cento anni dall’inizio della Grande Guerra.
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