L’11 maggio del 1981 Bob Marley moriva a 36 anni a Miami, dopo un ultimo disperato tentativo da parte dei medici del Cedar of Lebanon Hospital. Una delle figure leggendarie della musica reggae, pubblicò oltre 25 dischi durante i suoi 20 anni di carriera, condotta sia da autore singolo, sia in compagnia dei Wailers dal 1966 al 1974, data dello scioglimento del gruppo per le varie carriere da solisti.
Bob Marley
Il suo successo internazionale racconta di un’eredità non solo musicale, ma anche un contributo forte alla politica nazionale, come nel 1978, quando organizza il One Love Peace Concert, un evento che avrebbe permesso un riavvicinamento tra i due principali esponenti politici dei partiti in lotta in Jamaica: il Jamaican Labour Party e il People’s National Party.
Nel 1978 gli fu conferita la medaglia della pace dalle Nazioni Unite, una delle più alte onorificenze internazionali, per il suo contributo nella sensibilizzazione all’apartheid e alle tematiche sociali. La sua grandezza è celebrata in tutto il mondo e la sua musica continua a vivere anche in quella degli altri: sono tanti – da Eric Clapton a Bad Bunny -, infatti, coloro che hanno preso a prestito alcune delle sue canzoni per campionarle e farle proprie.
Il successo con Catch a Fire e Natty Dread
A 40 anni dalla sua morte rimangono indelebili alcuni dei suoi progetti più importanti, in grado di stravolgere il mercato musicale giamaicano prima, per poi estendersi in tutto il mondo attraverso la sua figura. Tra i più importanti possiamo ricordare “Catch a fire” del 1973, sesto album del cantante con il suo gruppo, che conteneva i singoli “No more trouble” e “400 years”.
La forte identità antipolitica del progetto, soprattutto nei confronti della schiavitù e della sua narrazione nel paese caraibico, rivela la figura di Marley al mondo, che prosegue con il progetto “Natty Dread”.
L’album, il primo senza Peter Tosh e Bunny Livingston, ma con l’accompagnamento soul del gruppo Threes, di cui faceva parte anche la moglie Rita, è un viaggio spirituale nelle radici di Bob Marley, una storia che nasce nel quartiere di Trenchtown a Kingston con il brano “Lively up, your self”, alleggerendosi nelle melodie in “No woman, no cry” e risalendo vertiginosamente con “Revolution”.
Il disco è un riferimento nostalgico alla sua infanzia, il racconto di un bambino tra le strade di un quartiere malfamato di Kingston, che raccoglie le proprie forze nella musica.
Il riconoscimento internazionale con Exodus
Abbandonato lo stato personale della musica, arriva nel 1977, quando registra e pubblica a Londra “Exodus”, dopo esser sfuggito a incidenti che lo avevano visto protagonista nei mesi precedenti. Il progetto è il punto estremo della carriera di Bob Marley, un testamento ideologico della musica reggae, ma soprattutto un’affermazione come figura principe della musica contemporanea.
Dopo aver lasciato in “Natty dread” la nostalgia del suo passato, racconta la sua spiritualità e la sua assunzione verticale al rastafarianesimo, la sua percezione della musica e delle emozioni che lo coinvolgono.
Il progetto contiene “Jammin”, “One Love” e la stessa Exodus, una rappresentazione dell’esodo del popolo eletto di Dio, ma ha anche una matrice politica che si scontra con la realtà inglese e il concetto di apartheid perpetrato ai danni delle popolazioni africane.
L’eredità musicale negli anni successivi
Si può partire da “No woman, no cry”, che è stato campionato da oltre 17 artisti, tra cui spiccano i Public Enemy, che nel 1994 pubblicano il singolo “Thin Line Between Law & Rape”, dove dal minuto 3.30 del brano, Dj Lord comincia a rappare sulla produzione del brano di Marley.
Su tutti, due esempi possono rendere l’idea di quanto la musica di Bob Marley abbia influito anche su una generazione diversa, come quella latin, come quella hip hop: da una parte possiamo notare il sample del brano nel singolo “Safaera” di Bad Bunny con Jowell and Randy e Nengo Flow nell’album “YHLQMDLG”. Dall’altra parte, il gruppo hip hop statunitense De La Soul campionarono “Could you be loved” nel brano “Keepin’ the Faith” del 1991.
Da Get up, Stand up a Redemption Song
Continuiamo con “Get up, stand up”, brano contenuto nell’album “Burnin”, che ha avuto una forte influenza nel mondo dell’hip hop: basti pensare al sample utilizzato nei due brani più famosi della lista, “Git up, git out” degli Outkast con Goodie Mob, ma anche più recentemente “Crown the Kings” dell’iconico album “Culture II” dei Migos.
Passando a “I shot the sheriff”, questo brano che ha reso Marley una leggenda internazionale, ha avuto due importanti riedizioni: da una parte, attraverso il campionamento di una parte del brano, i Public Enemy hanno ottenuto l’iconica “Fight the power”, dall’altra la cover di Eric Clapton del brano del 1974, ha reso immortale la canzone, divenuta anche più famosa dopo la riedizione del chitarrista britannico. Ultima ma non per importanza, “Redemption Song”: il brano, 5 artisti hanno campionato il brano, tra cui Booba nella sua “Intro” del 2007, reinterpretata da molti artisti.
Da Rihanna a Stevie Wonder, da Johnny Cash a Eddie Vedder, a 40 anni dalla morte di Bob Marley, la sua figura musicale riecheggia ancora nella musica contemporanea.