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Uruguay: Gerardo Goldwasser e l’arte del sarto

Lavoro di Gerardo Goldwasser per il padiglione dell'Uruguay riflette i suoi tanti modi di coprire ed esporre i corpi, di disciplinarli e anche di distinguerli.

L’abito come messa in scena del proprio io. Il lavoro di Gerardo Goldwasser per il padiglione dell’Uruguay durante la Biennale Arte, riflette i suoi tanti modi di coprire ed esporre i corpi, di disciplinarli e anche di distinguerli.

Padiglione dell’Uruguay

Un aspetto tanto essenziale, quanto complesso delle società umane. In particolare, la questione che solleva l’artista, nato a Montevideo nel 1961, riguarda il modo in cui ogni essere umano percepisce se stesso come persona, costruendo meticolosamente il proprio aspetto, per andare in scena ogni giorno della vita.

Il progetto di Gerardo Goldwasser, a cura di Laura Malosetti Costa e Paolo Uribe, presentato in anteprima a Ca’ Sagredo, si intitola “Persona”. Si ispira al mondo immaginario di Leonora Carrington, che con “Il latte dei sogni” a fornito a Cecilia Alemani il tema fluido della 59° Biennale Arte di Venezia.

Geraldo Goldwasser

Sempre in sintonia con il pensiero della curatrice, che ha sottolineato la fisicità della sua mostra, Geraldo Goldwasser propone un ritorno alla materialità, in un universo di trame e volumi. Tutto è corporeo e al tempo stesso sottile, quasi un invito ad ascoltare la materia che sussurra.

Goldwasser dialoga con il passato della sua famiglia di origini ebraiche. Una storia di immigrazione, che contraddistingue l’identità della società uruguayana. Gerardo Goldwasser fa arte mettendo insieme una vasta eredità. Fatta di ebraismo, di sartoria trasmessa di generazione in generazione, di campi di concentramento, di convivenza nella diversità.

“Con questi contenuti l’arte, la famiglia e tutto quello che sono io ha costruito questo progetto, questa esposizione” afferma Gerardo Goldwasser, artista Padiglione Uruguay

E in questo l’opera di Goldwasser è profondamente cosmopolita e universale. Ci invita a non solo guardarla, ma anche toccarla con le dita per riappropriarci della perduta materialità delle cose

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