La ripartenza dopo le restrizioni dovute al Covid non è indolore e i prezzi della materie prime schizzano a causa del fermo nelle fabbriche e nei trasporti. La mancanza di microprocessori è talmente grave che, di fatto, ormai non si trovano più computer di fascia economica. Ne parliamo con Alberto Teso della Camera di Commercio di Venezia e Rovigo.
I contratti per le materie prime stanno cambiando, si rischiano seri danni alle imprese
“Gli acquisti sono ricominciati e i cantieri sono aperti ma soprattutto quelli edili hanno avuto carenza di materiale. L’acciaio oggi è aumentato del 130% rispetto al 2019, è tutto d’importazione, il petrolio è aumentato del 60%, le materie plastiche del 60% e ora si stanno facendo sentire gli aumenti nei beni alimentari. Ci sono vari motivi per questa situazione. La Cina si è accaparrata molte delle materie prime, ovviamente essendo meno presenti ora i prezzi aumentano. Ci sono anche fenomeni speculativi, alcuni hanno comprato scommettendo che i prezzi sarebbero saliti e questo causa un’inflazione”.
Quindi l’Italia si è resa conto di essere dipendente dall’acciaio?
“Sarebbe più opportuno cercare vicino a casa o produrle noi, pensate anche ai computer visto che oggi non se ne trovano. L’Italia non produce più i microprocessori per esempio.”
Cosa sono i microprocessori?
“I microprocessori sono una parte essenziale dei computer e sono costituiti da un materiale, detto semiconduttore, la materia prima per i microprocessori – ci spiega Alberto Teso – . Il problema è che questa materia prima non si trova, per le ragioni che ho spiegato prima: la Cina li ha comprati quasi tutti e c’è un contemporaneo incremento della domanda causato anche dalla DAD. Persino le macchine non possono uscire dalle fabbriche perché mancano i microprocessori. Nell’epoca moderna no si è mai vissuta una situazione di questo tipo”.
Un problema comune? E come risolverlo?
“A fornirci questo materiale dovrebbero essere Cina e Korea – afferma – . Il problema è comunque diffusissimo. L’unica che sembra lavorare bene è la Cina perché sono partiti prima nella ricerca di questi materiali indispensabili. Il problema è che questa mancanza si rifletterà anche sul settore alimentare perché la catena dei trasporti sarà più lunga e costosa, il packaging costerà di più a causa dell’incremento della carta e dei prodotti chimici”.
Il packaging aumenta perché aumentano le vendite online e quindi c’è bisogno di maggior materiali per confezionare i pacchi?
“Sicuramente sì – conferma – , ma ricordiamo che da un anno manca la vendita nel settore di hotel, ristoranti e bar. Quindi il bilancio per chi produce packaging in realtà è rimasto più o meno invariato. Anzi, avrà ora un aumento di costi. Per esempio i materiali per i cartoni del latte hanno avuto un incremento del 25%, cosa che si rifletterà sul prezzo del bene finale. E con l’aumento della benzina aumenteranno anche i costi di trasporto.
Durante il covid l’estrazione del petrolio era diminuita. Potrebbero riaumentarla?
“In pieno lockdown si parlava delle superpetroliere ferme nel Mediterraneo e dei depositi pieni di petrolio che non si sapeva dove mettere – ricorda Alberto Teso – . Insomma, nessuno acquistava più petrolio per problemi di stoccaggio perché non ne consumavamo. Ora il prezzo di noleggio di queste barche sembra essere aumentato del 400%, rendendo anche questo frangente difficile: la domanda è talmente aumentata che sta mettendo in difficoltà tutta l’economa e mostra un’altra debolezza, ovvero che l’economia non è in grado di pianificare una crisi e una ripresa in tempi medio-brevi”.
Perché durante il Covid hanno ridotto il nolo delle navi?
“Perché nessuno le voleva. Le navi rimanevano ferme cariche di petrolio, nessuno comprava ciò che trasportavano. La richiesta è poi aumentata tantissimo e tutti i container sono partiti in simultanea. C’è un termine, “Revenge spending”, che descrive la spinta psicologica a spendere per comprare dopo il periodo di lockdown. La propensione di spesa è buona, ciò fa alzare i prezzi e questo fa aumentare le importazioni e le esportazioni”.
Questa situazione si stabilizzerà?
Sì sicuramente si tornerà alla normalità. Ci sono due previsioni. La prima prevede che l’inflazione potrebbe stabilizzarsi sul 2%, un tasso positivo che significa l’economia si sta rimettendo in moto. La seconda immagina però il rischio che vi sia un’inflazione negativa, la quale porterebbe a un aumento dei prezzi e a tagliare il valore dei nostri risparmi.