Una trentina di ambulanti non alimentari hanno inscenato oggi pomeriggio a Noale un flash-mob di protesta per chiedere al Governo di riammetterli ai mercati.
Confcommercio del Miranese era al loro fianco, per chiedere alle istituzioni di salvaguardare questa antica forma di commercio, e che non ha ragione di essere fermata, soprattutto se a lavorare sono quasi tutte le altre categorie.
Gli ambulanti
Gli ambulanti si alzano ogni giorno alle 4 del mattino, lavorano all’aperto con ogni condizione di tempo, contribuiscono a mantenere vive le piazze dei paesi.
Chi opera dietro un banco di mercato sa bene cosa significhi mancare troppe settimane all’incontro con i clienti e la preoccupazione che dopo un stop prolungato non si riesca più a ripartire è tanta.
Nel settore ambulante dell’abbigliamento e delle calzature poi, gli operatori sono doppiamente beffati. Non solo la loro attività è stata esclusa dai mercati pur avendo osservato finora le stesse regole, ma si trova a non poter lavorare quando i negozi che vendono gli stessi articoli possono rimanere aperti.
La situazione nel miranese
Nel Miranese, gli ambulanti costretti a tenere i camion chiusi sono diversi e molti in queste settimane alzano la voce per poter tornare a lavorare.
Pasquale Bettin, titolare di una merceria ambulante, afferma: «Siamo chiusi e non capiamo perché eppure noi, che commerciamo gli stessi articoli per bambini che i negozi possono continuare a vendere, non possiamo farlo perché ci è negato l’accesso alle piazze».
Gli ambulanti come Bettin non lavorano da 15 giorni e non si tratta solo di due settimane di chiusura: L’uomo sempre continua: «Per un ambulante il posto al mercato è un luogo di incontro con i clienti: se da anni frequento ogni lunedì la stessa piazza e per due o tre lunedì do forfait, il cliente sceglierà altri venditori. Chi decide queste chiusure non capisce che un mercato di 200 banchi è a tutti gli effetti un centro commerciale, un servizio per la città. Se il mercato muore, muore il commercio, ne risente anche il giro nei bar e ristoranti di quella piazza. E poi c’è l’aspetto del lavoro: il mercato è la nostra attività. Io e mia moglie abbiamo due furgoni, lavoriamo sei giorni a settimana, ogni giorno, su due mercati, con due furgoni diversi, io da una parte e lei dall’altra. Ora siamo a casa, con la merce chiusa nel furgone e nel periodo clou dell’anno, perché una merceria ambulante lavora da marzo a dicembre.».
Un’altra testimonianza
Walter Sartore, che gestisce sia un negozio a Caselle di S. Maria di Sala e un banco ambulante di calzature nei mercati di Mirano, Noale, Salzano, dipinge bene il non senso di regole diverse che non guardano ai rischi ma al prodotto.
«Chi come me gestisce fisso e ambulante insieme si trova nel paradosso di poter aprire il negozio perché commercia scarpe per ragazzi, ma non può farlo, con gli stessi articoli, in un mercato, dove tra l’altro viene da pensare che i rischi sanitari siano minori rispetto a un negozio, visto che siamo all’aperto. Ma non basta: gli ultimi decreti impongono di vendere solamente articoli 0-16.
Nel caso delle calzature capita, per esempio, che un ragazzo di 16 anni porti un 45 di piede e la stessa scarpa, con lo stesso numero, può essere venduta a un adolescente ma non a un adulto. Questo ci fa capire come il nostro lavoro sia condizionato da criteri di chiusura che non riguardano realmente aspetti sanitari».
Le parole degli esperti
Il presidente di Confcommercio del Miranese Ennio Gallo e la direttrice Tiziana Molinari spiegano: «Ancora una volta non si capisce quale sia la ratio di queste chiusure. Costringiamo intere categorie a non lavorare, dopo averle costrette a rivedere misure e dimensioni dei loro banchi. Auspichiamo per il futuro che chi decide interpelli la nostra associazione, che conosce le vere problematiche di settore e può quindi essere di supporto. La questione ambulanti dimostra che non si guarda al reale rischio sanitario, ma ad aspetti che nulla hanno a vedere con la possibilità di favorire i contagi o gli assembramenti».
Parla Mirco Zanchetto
Per Mirco Zanchetto, presidente provinciale FIVA-Confcommercio, Federazione Italiana Venditori Ambulanti: «La questione pandemica è gestita male dalla testa. Il Governo pare non riuscire a prendere una direzione chiara. Ogni volta gli ambulanti appaiono l’ultima ruota del carro, anche se non contano proprio poco. Se vogliamo continuare ad avere mercati di qualità, dobbiamo trattare gli operatori come tutti gli altri e invece non è così».