Beltotto: la cultura italiana è conservatrice. Situazione dei teatri

Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto, parla del conservatorismo della cultura italiana che non vuole adattarsi al nuovo

Nella quarta puntata di Stanno Facendo un 48, condotta da Patrizio Baroni, intitolata “La pandemia ha spento i riflettori”, abbiamo discusso sulla situazione del mondo dello spettacolo. Interviene Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto.

La cultura conservatrice italiana

L’Italia non fa niente di ciò che fanno Spagna, Olanda e Germania “Perché noi abbiamo un mondo della cultura conservatore – spiega Giampiero Beltotto – che non vuole cambiare e che non si vuole adattare. Che pensa solo a Shakespeare e Pirandello, il che va benissimo ma non ci sono ricerche di nuovi autori, di nuovi musicisti. La mia regista residente dei prossimi tre anni, figlia del fondatore del Teatro Moderno, Irina Brook, mi ha detto ‘io vengo a lavorare a Venezia a patto di non lavorare in teatro'”.

Il nuovo è già qua, siamo noi in ritardo

“Per quelli come me uscire dal teatro è una grande fatica, invece per il mio ultimo figlio di 14 anni entrare a teatro è quasi impossibile” afferma il presidente del Teatro Stabile del Veneto. “Perché se noi continuiamo a dargli soltanto quella visione, quella sceneggiatura, quella drammaturgia non cambierà mai.

Facciamo un esempio: a me piace moltissimo il lavoro di Michieletto. Lui è bravo perché intercetta il gusto di quella generazione e di quella dei suoi figli. Se vai a vedere un’opera messa in scena da Michieletto o se vai a vedere il Cechov che ha fatto per il Teatro Stabile, ti accorgi che è un autore che vive in questo secolo, in questa società e civiltà”.

“Non possiamo più ragionare seguendo il canone per cui le cose si fanno esclusivamente così. Questo sta tagliando le gambe alla cultura. L’essere eccessivamente conservatori sulle proprie abitudini condurrà questo mondo inevitabilmente verso il baratro. Bisogna provare a intercettare non il nuovo che avanza ma che è già qua. Siamo noi in ritardo”.

Il teatro non deve tranquillizzare

“Sono stato a Budapest, lì pre-covid funzionavano una quarantina di teatri. Fanno teatro anche nelle cantine. Se tu vai a vedere uno spettacolo, intanto è facile reperire il biglietto, e poi lo vedi in salette da 100-150 persone. Invece il teatro all’Italiana è terribile, non si vede niente. Facciamo spettacolo solo al teatro all’italiana e dentro agli spettacoli devono esserci quelle cose che abbiamo nella testa, che ci tranquillizzano. Il teatro non ci deve tranquillizzare” conclude Giampiero Beltotto.

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