Ancora un appello dagli chef. Ancora una analisi sul mondo del lavoro, nell’ambito turistico, che fatica a trovare collaboratori. Arriva dal mondo della ristorazione, dalla Fiera dell’Alto Adriatico, nel corso degli eventi organizzati dall’Ente Bilaterale Turismo con l’Associazione Cuochi Serenissima. Il primo appello con Lady Chef Veneto. Con Mariana Epure, vincitrice, nel maggio del 2021, del campionato italiano indetto dalla Federazione Cuochi, come Migliore Lady Chef d’Italia.
Allo show cooking era accompagnata dalle colleghe Maria Topa, Aurora Alexe e Giada Bozzolan. Il secondo con Stefano Vio: con il ristorante Zanze XVI di Venezia è fresco di stella Michelin. Lady Chef Veneto Mariana Epure è rumena, è arrivata in Italia 18 anni fa, risiede a Santa Maria di Sala (Città Metropolitana di Venezia) ed è chef al ristorante La Posata Bianca di Abano Terme.
Mariana, arrivi dalla Romania e in Italia ti sei innamorata della cucina italiana… come mai?
“Sono arrivata in Italia 18 anni fa e mi sono innamorata della vostra cucina con un semplice spaghetto al pomodoro e basilico, che mi si presentò con un “nido”, che mi incuriosì. Così è partito tutto il mio percorso verso la cucina italiana, sempre in salita, ma ricco di soddisfazioni”.
Hai vinto il concorso nazionale con il baccalà: un po’ hai rischiato, per com’è considerato questo piatto in Veneto.
“Sì, ho rischiato, ma mi sono anche presa una bella responsabilità. Ho studiato, ho approfondito e ho voluto anche conoscere la storia di questo piatto, che mi ha arricchito”.
Perché hai deciso di fare la cuoca?
“Come dicevo prima, proprio perché mi sono innamorata di questo semplice spaghetto e avevo bisogno di entrare in cucina. E ci sono entrata in punta i piedi, iniziando a lavare i piatti; da lì riuscivo a osservare tutti i movimenti dello chef. Non sono stata tanto al lavaggio, perché, piano piano, sono riuscita a iniziare a dare una mano. Prima cosa: gli antipasti”.
Regno della cucina soprattutto degli uomini: com’è stato il rapporto?
“Devo riconoscere che è stato sempre molto elegante. Ho trovato degli uomini molto cortesi e gentili. Non ho avuto confronti rigidi o comunque maschilisti; ho sempre trovato dei gentiluomini che mi hanno saputo dare anche degli utili consigli e delle idee su come crescere. Poi devi chiaramente intraprendere un percorso di studi, con la scuola alberghiera: senza gli studi non si va da nessuna parte”.
Ma come si fa a fare innamorare di nuovo i giovani a questo lavoro, che è comunque difficile?
“Io posso portare la mia esperienza personale. Io sono chef al ristorante La Posata Bianca e accolgo sempre stagisti; e quando arrivano mi sento una grande responsabilità. Quando arrivano so che non devo farli correre, ma innamorare, coinvolgendoli, dandogli la possibilità di creare dei loro piccoli piatti, seguendoli fianco a fianco e dando loro dei consigli. E non sgridandoli. Se ti dimostri solo autoritario, che usa dei metodi duri, li fai scappare. Oggi i giovani hanno bisogno di essere incoraggiati in questo percorso. Come chef professionisti abbiamo delle grandi responsabilità su questo; a noi spetta il compito di farli innamorare della cucina, coinvolgendoli”.
Stefano Vio, chef stellato con il ristorante Zanze XVI di Venezia
Stefano, tu hai frequentato l’istituto Cornaro di Jesolo, ma le scuole alberghiere servono ancora?
“Le scuole alberghiere servono a darti una impostazione, delle basi, che poi vanno approfondite con il lavoro, anche con quello stagionale o nei fine settimana”.
In questi giorni, in Fiera, sono emersi due concetti: fare incontrare gli imprenditori con il mondo della scuola e cambiare metodo di insegnamento, adeguandolo alle nuove esigenze: sei d’accordo?
“La ristorazione è cambiata negli ultimi anni e bisogna darsi tutti una mano, sia noi del settore che chi insegna a scuola. E’ una carriera di sacrificio e va detto e spiegato fin dall’inizio, così che il ragazzo non si spaventi quando entra nel mondo del lavoro. Bisogna, quindi, insistere di più sulla pratica”.
Ma perché ci sono così grandi difficoltà a reperire nuovi collaboratori?
“C’è da dire che il Covid19 ha cambiato molto ed ha fatto riflettere la gente, per cui un giovane valuta anche il fatto che si trova a prendere lo stesso stipendio di un lavoro in fabbrica, ma facendo meno ore. Poi manca la passione e chi te la trasmette; ricordiamoci che questo è un lavoro che si fa principalmente per la passione e solo
dopo per il guadagno economico. A questo aggiungiamo che andrebbe cambiato qualcosa sulla tassazione, sgravando gli imprenditori di alcune imposte. Siamo in un momento di emergenza e tutti, ad ogni livello, devono fare la propria parte”.
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