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CFZ, “Any War Any Enemy” di Lena Herzorg

"Any War Any Enemy" di Lena Herzog esplora la minaccia di una guerra nucleare, combinando tecniche antiche e moderne per riflettere sulla nostra autodistruzione collettiva

“Any War Any Enemy” è il nuovo lavoro dell’artista concettuale multidisciplinare Lena Herzog, presentato con una peculiare e suggestiva anticipazione in occasione della 60ª Biennale d’Arte di Venezia. Curato da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, il progetto comprende murales, incisioni, monitor e un’installazione. Questo lavoro ambizioso si pone come un ideale dittico con “Last Whispers: Immersive Oratorio for Vanishing Voices, Collapsing Universes and, a Falling Tree”, presentato con successo alla 59ª Biennale due anni fa.

Un dittico tra lingue e pianeta

Mentre “Last Whispers” si concentrava sull’estinzione delle lingue, “Any War Any Enemy” esplora la possibile estinzione del pianeta a causa di una guerra nucleare. Entrambi i progetti riflettono sui due registri distintivi della ricerca di Herzog: l’universale e l’individuale. Sul piano universale, si indaga il crescente pericolo di un conflitto globale che potrebbe coinvolgerci tutti. Sul piano individuale, si esplorano i sentimenti, gli stati d’animo e le reazioni profonde degli individui, caricando alcuni gesti di intensa drammaticità.

La mostra anticipa “Any War Any Enemy” attraverso uno specchio nero, murales ingigantiti e dieci incisioni a mezza tinta, realizzate con una tecnica antica di secoli. Le incisioni sono il frutto di una meticolosa operazione di fotogrammetria, utilizzando migliaia di scatti di amici e vicini di casa dell’artista, che sono stati poi trasformati in sculture digitali tridimensionali.

Alcune immagini salienti sono state artigianalmente trasposte su lastre di rame e stampate a mano, in collaborazione con la Bottega del Tintoretto di Venezia. Le figure umane rappresentate nelle incisioni riprendono forme e gesti della plastica tardo-medievale, ispirandosi a opere come il “Compianto sul Cristo morto” di Niccolò dell’Arca, ma anche ai “Desastres de la Guerra” di Goya e alla “Guernica” di Picasso.

Dalla fotogrammetria alla VR

Dall’autunno, l’opera si arricchirà di una componente VR della durata stimata di 17 minuti. Offrirà così un’interpretazione poetica della fine autoinflitta del mondo durante una catastrofe nucleare. La VR piece sarà composta da tre mise-en-scènes, ciascuna con una trinità. Immergerà il visitatore in una serie di esplosioni, metafora della storia secondo Jurij Lotman.

Il fisico Robert Oppenheimer, direttore del Progetto Manhattan, è stato l’inevitabile punto di partenza del progetto, sebbene l’attenzione di Herzog sia rivolta non a lui, ma alle vittime delle bombe. Come nei suoi precedenti progetti, “Any War Any Enemy” si colloca all’intersezione tra arte e scienza, combinando tecniche sperimentali all’avanguardia con pratiche artistiche tradizionali.

Arte, scienza e autodistruzione in “Any War Any Enemy”

L’installazione include anche tre grandi murales, stampati digitalmente su tela, e uno specchio nero a misura d’uomo. Guardandosi nello specchio, lo spettatore si chiede “Chi è il mio nemico?” e trova la risposta nel proprio riflesso oscurato. Ciò suggerisce che potremmo essere i testimoni e gli artefici della nostra stessa scomparsa.

Lena Herzog, fotografa americana di origini russe residente a Los Angeles, esplora nei suoi lavori temi come il rituale, il gesto, la perdita e la dislocazione, utilizzando tecniche fotografiche contemporanee e sperimentali, nonché tecnologie avanzate nel campo del suono, dell’installazione immersiva e della realtà virtuale.

“Any War Any Enemy” è un grido di dolore. La sofferenza è causata da ogni conflitto. ma è anche una riflessione poetica e straziante sulla guerra e sui suoi devastanti effetti.

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