Maria Stella Donà ospita Daniele Nicolai, CGIA di Mestre, a La Voce della Città Metropolitana. Nell’intervista si riprenderà il solito focus quindicinale su quello che sta accadendo nel tessuto economico veneziano, veneto e italiano. La CGIA di Mestre viene spesso utilizzata per i suoi dati e per le sue ricerche a livello nazionale perché dà sempre delle indicazioni interessanti.
Parliamo di tasse. È in corso infatti una riforma fiscale che sta dividendo, naturalmente, il nostro Parlamento.
Daniele Nicolai, in questo momento che situazione stiamo vivendo?
“È bene partire da alcuni dati. L’85% delle risorse di tassazione sono presso lo Stato. Quindi appunto è lo Stato che ricava sostanzialmente l’85% della tassazione da cittadini, piuttosto che imprese tutti i contribuenti italiani”.
Lo Stato centrale ha diritto di percepire più denaro possibile, però…
“Sì, c’è un disequilibrio: quello che riguarda dove avviene la spesa nei nostri territori, o meglio, quali sono le istituzioni che spendono nei nostri territori. Sostanzialmente più del 50% della spesa, quindi più della metà, è in capo sostanzialmente a regioni ed enti locali. Quindi lo Stato va a prelevare una serie di risorse che poi restituisce in termini di spesa alle regioni piuttosto che agli enti territoriali.
Questo tramite dei trasferimenti o dei contributi. C’è infatti un gap temporale da chi effettivamente spende e va a sostenere certi tipi di servizi, e invece chi incassa quell’ammontare di risorse che sono necessarie per espletare quei servizi”.
Ci sono regioni che contribuiscono molto di meno al gettito fiscale: il governo “prende” dalle regioni più ricche “per dare” a quelle meno ricche
“Sì questo è un po’ il meccanismo di solidarietà che va rivisto. Non per togliere delle risorse al mezzogiorno del paese che, però, ricordo ne otterrà moltissime dal Recovery Plan, almeno il 50%. Altre le ottiene dai fondi strutturali europei, per cui la stragrande maggioranza va destinata a quelle regioni che sono in una situazione di difficoltà. Quindi regioni che, dal punto di vista del contesto socio-economico, hanno dei gap rispetto a quella che è la media europea”.
Il meccanismo dell’autonomia differenziata
“Il meccanismo di formulazione di un sistema forse anche fiscale più giusto è quello dell’autonomia differenziata. Nel senso che introduce degli elementi per dare alle regioni che vogliono fare di più, maggiori competenze e maggiori possibilità di fare progetti all’interno delle proprie regioni e di trattenere nel luogo una parte di pressione fiscale che non scappi da altre parti.
Il contribuente ha allora la possibilità di misurare effettivamente quanto lo Stato chiede in termini di tassazione, e quanto ti restituisce in termini di servizio. Così si avvicinano quelli che sono effettivamente i centri della spesa”.
I criteri per la spesa devono essere gli stessi per tutti
“Ovviamente bisogna garantire un livello di servizio minimo, sul quale si deve essere monitorati costantemente. Non è possibile che poi ci sia più spesa in certi territori perché ci sono degli sprechi. Deve andare tutto verso l’efficienza. Lavorando sull’efficienza si ha la possibilità di trattenere più risorse e quindi di liberare poi anche nuove risorse.
È un circolo virtuoso: chi spende bene e lo fa con risultato, ha la possibilità anche di mettere via delle risorse. Questo in un complesso e in un iter di miglioramento di quello che è il sistema paese al quale bisogna necessariamente arrivare”.
La necessità di una riforma della pressione fiscale
“Bisogna arrivare a una riforma della pressione fiscale. Ma ricordo anche che bisogna arrivare a quella che è finalmente una “spending review” mirata, che effettivamente vada a ridurre gli sprechi che poi condizionano il nostro gettito. Questi ci chiedono uno sforzo maggiore proprio perché magari la spesa non è incanalata nelle direzioni giuste”.
Questo tipo di ragionamento finché non c’è voglia di autonomia non serve a nulla
“Sì, tenendo conto tra l’altro che l’autonomia differenziata non è un percorso che sta intraprendendo il Nord, ma è chiesto anche dal Sud. Quindi è un percorso sicuramente virtuoso che bisogna assecondare proprio per responsabilizzare i territori a spendere meglio”.
Allora il progetto per l’autonomia è calendarizzato?
“No, però si auspica in una nuova sensibilità di questo governo. Sappiamo che c’è comunque una legge quadro che definisce un po’ quello che è l’impianto. Bisogna andare avanti, ascoltare le regioni e capire quali sono le materie che esse chiedono. Ovvero, laddove si sentano preparate per fare meglio dell’amministrazione statale e dove ci possono essere dei risparmi di spesa, allora ci sarà una migliore qualità del servizio pubblico e quindi un vantaggio per tutta la società civile”.
Ci sono delle proposte nuove che su cui si sta lavorando?
“Si sta lavorando su diverse ipotesi. Dalla CGIA di Mestre abbiamo sicuramente una proposta: quella di mettere mano a quello che è il meccanismo dei saldi-acconti. Ovvero, la tassazione in Italia, la piccola impresa piuttosto che l’artigianato, è organizzata come anticipatoria rispetto a quello che si pensa di realizzare nel corso del prossimo anno. Sostanzialmente si versano degli acconti sulle tasse che poi si andranno effettivamente a pagare.
Sarebbe bene limare questo meccanismo in modo da dare la possibilità ai venditori di avere una certezza maggiore su quello che è lo sforzo fiscale a cui sono sottoposti. Se loro monitorano con attenzione la loro contabilità, sanno poi effettivamente quante tasse andranno a pagare”.
Soprattutto durante il Covid, dopo questi 14 mesi di fermo, si è capito ancora di più quanto pesa questo acconto
Per esempio le discoteche, che in questo momento stanno pagando le tasse pur essendo chiuse da 14 mesi, se vogliono continuare a mantenere la licenza e mantenersi in attività, devono pagare acconti su denaro che non hanno mai riscosso.
“Chiaramente è un meccanismo che, in casi di forti shock dell’economia, crea e può portare le imprese al fallimento”.
Ma questa proposta e stata accolta o così è un “pour parler”?
“Noi l’abbiamo lanciata nei nostri comunicati e spero che presto venga almeno considerata. Va rivisto il fisco in un quadro molto generale: è una questione che riguarda un’intera economia, tutti i contribuenti, il nostro Paese e rimanda agli impatti che ci saranno a livello di conti pubblici. Bisogna raccogliere tutte le proposte e toccherà poi al governo raccoglierle in un quadro generale che possa portare un vantaggio all’economia italiana. Questa è permeata dalle microimprese, le grandi imprese sono troppo poche a causa della burocrazia” ha concluso Daniele Nicolai della CGIA di Mestre .