Coronavirus: Giovanni Leoni sta combattendo per la sicurezza dei medici

67 medici hanno perso la vita finora combattendo in trincea contro il Covid 19 e l'80% dei medici secondo un sondaggio dell'ordine dei medici è preoccupato

Giovanni Leoni, vicepresidente dell’associazione nazionale dei medici, sta combattendo per la sicurezza dei suoi colleghi. Infatti, sono saliti a 66 i medici che sono morti a causa del coronavirus, perché non avevano la strumentazione adeguata per proteggersi dal virus. Si trattava di persone sane, che non avevano patologie aggravanti, e sono, mediamente, dieci anni più giovani dei loro pazienti.

Coronavirus

Nella situazione specifica pare che una parte della causa si possa ricercare nel fatto che ci si è mossi con un’eccessivo ritardo. Questo perché inizialmente si è tentato di confinare il virus in Cina, successivamente la comunità europea credeva che che il problema fosse solo in Italia. Anche all’interno del Paese si è impiegato diverso tempo prima di chiudere tutto. Per queste ragioni, quando poi si è compresa la gravità della situazione, ci si è trovati in una condizione difficile in cui mancano molti materiali. Infatti, tutto ciò che serve per combattere il coronavirus ha una lunga preparazione (sia le mascherine che, ancora di più, i ventilatori). Questo comporta che ora c’è tanta richiesta, ma poca disponibilità.

Riapertura o chiusura di alcune attività economiche

Per quel che concerne la discussione che in questi giorni sta emergendo riguardo la riapertura o meno di alcune attività economiche e lavorative Leoni è chiaro, non è ancora il momento. Infatti, secondo l’esperto non si può rischiare così tanto. La situazione sta migliorando solo perché tutti stanno rispettando la quarantena. Lui comprende perfettamente la preoccupazione per l’economia, ma in questo momento la salute di tutti è più importante. Importanti modelli di chiusura sono stati Vo Euganeo e in generale tutto il Veneto.

Cosa ci aspetta in futuro?

Momentaneamente non si sa come il virus evolverà, si prende, però, a modello la Cina, dove ci sono voluti circa tre mesi perché la situazione si stabilizzasse.  C’è da dire che in quello Stato si sono messi in quarantena prima di noi e in maniera più rigida, quindi non si sa precisamente quale potrebbe essere il prospetto per il nostro Paese. Al momento in Italia è passato quasi un mese dall’effettiva chiusura, finito questo tempo si potrà iniziare a capire a che punto siamo e, guardando alla Cina, come potrebbe procedere la situazione.

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