Corrado Clini e la Marghera industriale degli anni ’70

Corrado Clini, già Ministro dell'ambiente, a Venezia Cambia: "Marghera non esiste più come polo di innovazione industriale"

Corrado Clini, ospite a Venezia Cambia, ricorda il suo operato come Direttore sanitario del servizio pubblico di Igiene e Medicina del lavoro di Porto Marghera.

Nella nuova puntata, Venezia Cambia affronta un argomento di grandissima attualità: Venezia città sostenibile riflette sulla COP28. Il termine COP è l’acronimo di Conferenza delle Parti e si riferisce alla riunione annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici. Questa convenzione è il principale trattato internazionale in materia di contrasto ai cambiamenti climatici che fu firmato durante la conferenza di Rio de Janeiro del 1992.

La scheda di Corrado Clini

Ospite di questa puntata è il Professor Corrado Clini che dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013 ha ricoperto l’incarico di Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare. Si è laureato in medicina e chirurgia. Ha preso la laurea honoris causa in Ecology of Climate Change. È stato Direttore sanitario del servizio pubblico di Igiene e Medicina del lavoro di Porto Marghera dal 1975 al 1990. Inoltre è stato Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente. Ha ricevuti numerosi riconoscimenti internazionali in qualità di professore accademico. Ha pubblicato oltre 90 pubblicazioni scientifiche e saggi su riviste italiane e straniere.

Durante il suo incarico a Porto Marghera, ha promosso oltre 45mila rilevazioni ambientali in 185 impianti industriali, energetici, chimici e metallurgici. Ha mappato 1400 sorgenti di rischi cancerogeni e tossici, tutte le matrici ambientali, acquaria, terreno, suolo e bonifiche. Promosso la modifica dei processi industriali per l’eliminazione dell’esposizione dei lavoratori e delle popolazioni residenti a sostanze tossiche e cancerogene.

Cosa ti ricordi della Marghera industriale degli anni ’70 e ’80?

Corrado Clini: “Il lavoro che abbiamo fatto in quegli anni è stato finalizzato a rendere compatibile l’attività produttiva e a proteggere l’ambiente e la salute, obiettivo ancora oggi al centro degli impegni nazionali e internazionali per lo sviluppo sostenibile. Abbiamo cambiato cicli produttivi importanti modificandoli. Abbiamo anche riconosciuto i danni a migliaia di lavoratori che avevano subito gli effetti di lavorazioni pericolose, soprattutto tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’70.

La partecipazione dei tecnici, delle imprese e dei sindacati è stata decisiva perchè abbiamo costruito un modello di lavoro che, partendo dall’esigenza del giusto riconoscimento del diritto alla salute, ha affrontato i temi in maniera concreta. Abbiamo evitato di far diventare il diritto alla salute una bandiera politica di opposizione o di contrapposizione. L’abbiamo invece fatta diventare il volano per cambiare la situazione. Questo è il ricordo migliore e più importante che ho di tutti questi anni di lavoro.

A un certo punto, dopo che avevo lasciato Porto Marghera ed ero andato a Roma al Ministero dell’ambiente, progressivamente i risultati di questo lavoro non hanno tenuto la competizione internazionale. Non sono riusciti a consolidare un punto di vista della politica italiana finalizzato a proteggere il patrimonio industriale italiano.

Abbiamo buttato via il bambino con l’acqua sporca, come si dice, perchè gran parte delle innovazioni tecnologiche dello sviluppo che abbiamo realizzato a Porto Marghera poteva diventare un asset importante per consolidare capacità produttive in competizione, per esempio, con la Germania che pur avendo politiche ambientali molto più rigorose dell’Italia è riuscita a conservare il suo patrimonio industriale.

Il risultato è che di fatto Marghera non esiste più come polo di innovazione industriale o c’è rimasto poco. È rimasta la cantieristica che si è estesa. Come Paese, non siamo stati neanche capaci di orientare la riqualificazione industriale di Porto Marghera.”

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