Secondo i dati del Global Music Report 2018 dell’IFPI, il mercato discografico mondiale – trainato dallo streaming e con il download in calo – cresce per il terzo anno consecutivo, ma è solo al 68,4% del picco registrato ai tempi d’oro del 1999.
Nel 2017 il mercato discografico mondiale è cresciuto (del 8,1%, con un ricavo totale di 17,3 miliardi di dollari) per il terzo anno consecutivo, grazie soprattutto allo streaming che – con un aumento del 41,1% e 176 milioni di utenti di servizi a pagamento – è diventato la principale fonte di entrate.
Lo affermano i dati del Global Music Report 2018 dell’IFPI (Federazione Internazionale dell’Industria Discografica), secondo cui l’espansione dello streaming, al 38,4% del settore, ha più che compensato le riduzioni degli utili dei supporti fisici (del 5,4%) e dei download, meno 20,5%. Il terzo anno consecutivo di crescita fa seguito a quindici anni di significativa contrazione degli introiti, per cui il fatturato 2017 corrisponde solo al 68,4% del picco registrato nel 1999.
Per quanto riguarda l’Italia, Enzo Mazza, Ceo di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) parla di un calo «per lo più dovuto a una revisione delle basi contrattuali con le piattaforme, ma i primi mesi del 2018 hanno già mostrato un nuovo balzo con lo streaming (+67,5%) che supera il fisico, comunque in crescita nel primo trimestre (+5,8%)».
Resta in primo piano la questione del “value gap”, ovvero la disparità tra i ricavi che provengono da alcune piattaforme rispetto a quanto viene corrisposto agli aventi diritto. Per questo – sottolinea la IFPI – è fondamentale individuare la soluzione giuridica adeguata per risolvere questa discriminazione.
Enorme, ad esempio, il divario tra lo streaming audio e video: gli utenti del primo sono 242 milioni e generano 5 miliardi e 569 milioni di dollari di fatturato, mentre dal miliardo e 300 milioni degli appassionati di video arrivano soltanto 856 milioni. Le discontinue applicazioni delle leggi sulla responsabilità online hanno infatti incoraggiato alcune piattaforme a sostenere che non sono responsabili per la musica resa disponibile al pubblico.