Non poteva che chiamarsi “Dica 33” una mostra che racconta la figura del medico di medicina generale, personaggio importantissimo nella vita dei cittadini, specialmente in tempi come questi di emergenza sanitaria.
Dica 33
L’esposizione aperta al MUSME Museo della Medicina di Padova fino al 29 Maggio, è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra Regione Veneto, Provincia di Padova e le principali associazioni della categoria medica.
Dica 33 propone un percorso interattivo estremamente coinvolgente e multisensoriale a metà tra storie e tecnologia.
Il commento di Gerardo Favaretto Presidente Fondazione Musme
“Questo è un momento davvero difficile insomma per le persone per il loro modo di relazionarsi di vivere in cui l’impatto della salute e di chi cura è diventato progressivamente più importante, invece, da certi punti di vista le persone sono anche un po’ inquietate.
La nostra intenzione è quella di creare quella cultura della salute che faccia capire che poi dietro ai camici ci sono uomini che stanno in posizione di cura, di aiuto, di supporto per le persone specialmente in questo momento.
Il medico di medicina generale è una delle figure rappresentative del territorio, del primo impatto, nel momento in cui le persone vanno da qualcuno a dire “c’è qualcosa che non va”.
Questo periodo è stato particolarmente significativo e con questo evento abbiamo voluto sottolineare, come oltre gli ospedali e le rianimazioni le quali sono stati davvero impegnati, ma anche il territorio è stato un luogo dove c’è stata una grande sfida per la salute delle persone”.
Il commento di Giovanni Silvano Direttore Centro Storia della Medicina Università di Padova
“Potrei raccontare tante cose perchè fa parte degli argomenti più importanti più significativi della storia direi dell’umanità. Basterebbe ricordare l’epidemia dell’influenza spagnola che ha fatto un numero di morte circa dieci volte superiore a quelle provocate dal Covid-19.
Quello che si può sottolineare è questo, che le misure di prevenzione a fine prima guerra mondiale e le misure di prevenzione di oggi, cioè la mascherina e il distanziamento sociale, la chiusura di certi luoghi pubblici, erano le medesime, cento anni fa rispetto a quelle di oggi, assolutamente identiche. Naturalmente oggi abbiamo tutta la possibilità di curare, di vaccinare, cosa che allora non era assolutamente ne previsto ne prevedibile.
Per non dire delle epidemie più storiche, la peste nera del 1948 e quella Manzoniana che venne tre secoli dopo che hanno mietuto molte vittime. Una cosa che differenzia molto questo tipo di epidemia da quelle storiche è che, la peste, ad esempio, durava poco tempo e portava molti morti. Non c’erano distinzioni di ceto, di classe, di ricchezza, però poi scompariva, invece, la pandemia di oggi sembra rimanere.
Probabilmente, il livello di mobilità sociale di oggi e di allora è tanto tanto diverso. Questa possibilità di andare ovunque, le scuole, l’università, sono luoghi dove s’incontrano migliaia di persone al giorno. Nella società del quattrocento, cinquecento, seicento, settecento, tutto ciò non avveniva. Si può ben capire perchè queste pandemie di allora gravissime scomparissero diciamo nel giro di sei, otto, dieci mesi, un anno al massimo”.
La mostra
“Se qualcuno avrà la bontà di vedere la mostra c’è qualche cosa sulla vaccinazione del Vaiolo, che è stato un successo clamoroso, che morivano moltissimi di Vaiolo. C’era anche allora molta difficoltà ad avvicinarsi alla vaccinazione. Il parroco allora, a differenza di quel che avviene oggi, aveva una grande autorevolezza e spingeva molti a vaccinarsi.
C’è anche quell’altra grande idea del chinino di stato contro la malaria. E’ stata davvero una calamità incredibile specialmente nelle nostre terre qui in Polesine, in tutte le terre umide. Quindi questa lotta è stata fatta anche dal medico condotto, della mutua, e infine dal medico di base oggi.
Il medico di medicina generale, è stato un po’ un fiore all’occhiello della nostra medicina. In mostra c’è qualche cosa che chiarisce questo apporto molto importante” ha concluso Giovanni Silvano.