Diffamazione su Facebook: la Cassazione cosa dice?

Confrontarsi è sempre un sinonimo di democrazia ma occhio alla diffamazione su Facebook. Parla l'avvocato Stefano Marrone

Pillole di Legge” è una trasmissione a cura dell’avvocato Stefano Marrone che va in onda dal lunedì al venerdì alle 19.15, per spiegare ai telespettatori alcuni istituti giuridici e come esercitare i propri diritti. L’argomento di oggi è la diffamazione su facebook.

Viviamo in un tempo in cui i social imperano, qualsiasi nostro aspetto della vita vien diffuso su facebook o instagram e questo è una cosa positiva per la globalizzazione. Ma potrebbe esserlo non tanto per l’articolo 595 del Codice Penale che punisce con una multa, o nei casi più gravi con la reclusione sino ad anni 3, chi offende l’altrui reputazione.

Il concetto giuridico di reputazione è quello della considerazione che, socialmente nei confronti delle altre persone, ciascuna persona ha e possiede.

La diffamazione su Facebook

Ora molte volte su Facebook o su Instagram ci sono delle discussioni, anche animate, tra soggetti che appartengono allo stesso gruppo oppure anche sono avversari di natura politica, sociale, personale e quindi vengono veicolate attraverso questo mezzo anche emozioni piuttosto forti.

Questo è legittimo perchè la nostra costituzione pone tra i cardini fondamentali quella della libertà d’espressione. Ma la libertà di espressione non può sconfinare nell’offesa della reputazione altrui. Perchè altrimenti in questa ipotesi si soggiace alla pena stabilita dal’art 595 del Codice Penale.

La sentenza della Corte di Cassazione

Poi vi è anche l’ipotesi di una causa per il risarcimento dei danni e occorre fare attenzione, perchè come ha recentemente sancito una sentenza della Corte di Cassazione Sezione Prima del febbraio 2022 concorrono nel reato di diffamazione a mezzo Facebook non solo coloro che esprimono un commento di disvalore diffamatorio nei confronti di un determinato ente o persona, ma anche coloro che condividono o appongono il pollice, quello che comunemente con questo inglesismo si definisce like.

La Corte di Cassazione ha stabilito che è punibile non solo chi reca questa ingiuria profonda, tale da essere punita sulla base del 595 del Codice Penale, ma anche tutti coloro che concorrono, cioè danno manforte nell’offesa della reputazione anche ponendo semplicemente il pollice per dire “mi sta bene così”, “sei stato bravo”, “hai fatto una cosa positiva”.

Occhio quindi, confrontarsi è sempre un sinonimo di democrazia ma farlo offendendo l’altrui reputazione con insulti, epiteti ingiuriosi o quant’altro può esporre chi lo fa, e anche chi pone il like, a conseguenze pesanti con una multa o con la reclusione fino a tre anni.

Quindi direi che l’avvocato sconsiglia.

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