Grande successo a San Donà di Piave per la prima del Digital Summer Camp: una proposta formativa per ragazzi dai 9 ai 14 anni. Che sono si, nativi digitali, ma non devono limitarsi al ruolo di meri fruitori. Bensì sviluppare, attraverso il gioco, un pensiero ricco di immaginazione e creatività.
Cosa si può imparare al Digital Summer Camp
Ecco un esempio prodigioso: suonare su una tastiera di banane grazie ad un processore che consente di combinare realtà fisica ed internet.
Maura Mattiuzzo, coordinatrice Team Competenze Digitali VOID
“Quello che facciamo è utilizzare le tecnologie digitali per stimolare la creatività nei ragazzi e per avvicinarli anche a discipline meno semplici. Ma anche meno divertenti come: la matematica, le scienze e quindi rendere per loro divertenti anche materie che normalmente non lo sono. I ragazzi li vediamo interessati e partecipi alle attività che stanno svolgendo.
Sicuramente è un inizio per loro e può essere d’aiuto anche nel loro futuro quando poi ritorneranno nelle loro scuole di provenienza. Sono input che poi utilizzeranno nella loro pratica scolastica. E’ importante perchè è vero che i ragazzi sono nativi digitali, ma non sempre utilizzano le tecnologie in maniera positiva o comunque legandole alla loro istruzione, per cui è far conoscere a loro un modo diverso di utilizzare le tecnologie rispetto a quello che loro fanno solitamente”.
Gianluca Palmeri, Referente Associazione “Il Nocciolo”
“I soggetti promotori sono i 17 comuni che sostengono il progetto VOID, ci siamo noi Il Nocciolo e ha giocato un ruolo fondamentale anche la scuola Calvino di Jesolo, che è stato un ottimo partner che ci ha dato la possibilità e ci ha prestato anche i materiali e anche alcune competenze”.
Francesca Lomartire, Presidente Associazione “Il Nocciolo”
“Ha contribuito anche alla formazione nostra e di tutti i nostri educatori per il Digital Camp. Noi sappiamo che, se rendiamo un clima piacevole, l’apprendimento viene da sé. La parte più importante è creare benessere per i bambini e questo attraverso il gioco.
Robottini, gli ozobot, gli mBot e programmi specifici come Scratch. Tutto questo ha l’obiettivo di sviluppare il loro pensiero computazionale; quindi il problem solving, la capacità critica, creativa e soprattutto la consapevolezza nei confronti degli strumenti digitali, che è quello che serve di più, soprattutto in questa epoca”.
“L’unire la parte tecnica, con una parte creativa, – continua Palmieri – ha permesso di meravigliarci quotidianamente per le cose che facevano”.