Elena Donazzan, Assessore al lavoro e alla formazione regionale veneto, è ospite di Maria Stella Donà a La Voce della Città Metropolitana e discute intorno
Com’è la situazione lavorativa in Veneto?
“Nel Veneto abbiamo perso molti posti di lavoro fra il 2019 e il 2020. Adesso c’è un ritorno all’occupazione, ma il saldo è ancora negativo. Dobbiamo comunque fare attenzione. Si tratta del mondo della produzione che ha ripreso dopo un rallentamento, le persone sono uscite dalla cassa integrazione. il mondo del turismo, dell’accoglienza e della ristorazione è quello che ha perso di più. In sintesi: il Veneto ha meno occupati nel 2021 rispetto al 2020 e al 2019.
Se ci sarà la ripartenza, bisognerà fare i conti col progresso?
Elena Donazzan: “Tutto ciò che chiamiamo servizi, dall’accoglienza alle palestre, fino alla sfera dell’intrattenimento, non lavorano gratuitamente, durante il tempo libero. Costoro hanno ricevuto pochi ristori, ma vivono delle loro attività. C’era difficoltà ad arrivare a fine mese. Su questi temi dobbiamo pensare come sia cambiato il volto del Veneto. Molte partite Iva oggi non ci sono più”.
“Per ora già si sa che circa il 16% delle attività nel mondo della ristorazione non ha riaperto. Traggono vantaggio da ciò le grandi catene, i grandi gruppi. La Guardia di Finanza ha monitorato il passaggio delle attività ai sistemi organizzati, soprattutto quello cinese, dimostrando come questo subentri e guadagni vantaggio. Circa il profilo degli occupati, dei dipendenti e dei privati, mi riservo di dirlo più avanti. Questo momento sarà un banco di prova”.
A che punto è la formazione giovanile? E le donne, come si collocano?
“Donne e giovani sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto di questa pandemia. Con il blocco dei licenziamenti c’era preoccupazione delle aziende di assumere nuovo personale. Ho lavorato per incentivare l’assunzione giovanile nelle imprese. Abbiamo destinato 15 milioni di euro e sono stati esauriti: le nostre aziende credono nei giovani. A costoro dovremmo dire di iscriversi anche agli ITS, parallelo all’Università, perché la formazione che ricevono in questo arco temporale consente loro di trovare lavoro. Le donne, d’altro canto, non hanno ricevuto grandi benefici. Sono state tagliate fuori da un periodo di crescita per le imprese o veniva offerto loro un part-time. Dobbiamo però alleggerire i pesi delle aziende” ha detto Elena Donazzan.
Bisognerebbe introdurre una rieducazione al lavoro?
“Il tema del lavoro va associato a quello del sacrificio. È venuta a mancare una cultura del lavoro, il reddito di cittadinanza ne è l’esempio. Lo Stato manda messaggi diseducativi, ma a completare il quadro subentrano la famiglia, la musica, gli stereotipi, i Social. Il tema del lavoro non viene trattato. Bisogna fare il proprio dovere prima di chiedere i diritti. Certi percorsi vengono ignorati perché a casa viene detto loro di fare altro”.
La Regione non potrebbe fare campagne di educazione?
“Sarebbe come provare a svuotare la Laguna con le mani. Ci abbiamo provato, spendendo soldi, passando per ogni mezzo comunicativo, ma il messaggio non passa. Per i giovani e per i genitori non è importante trovare lavoro, ma fare ciò che piace. È un bel proposito, ma è un concetto deprivato della concretezza della realizzazione di sé. Quando domando a degli imprenditori come dei nuovi lavoratori potrebbero farsi assumere e chiedo poi cosa studino i loro figli, mi rispondono: ‘Il Liceo'”.
Il Veneto è chiamato a investire parecchi soldi?
“Sì, dobbiamo spendere molto e bene, come abbiamo già fatto. Il divario fra scuola e lavoro è il più basso, il minore in Italia. Abbiamo sostenuto l’alternanza scuola lavoro anche quando altri l’hanno ignorata. L’istruzione tecnica superiore in Veneto portano entro l’anno ad avere tutti occupati. Qui abbiamo 55 corsi finanziati. Il rapporto nel lavoro è riuscire ad allineare quest’ultimo con la scuola. Ma se uno studente decide consapevolmente di voler fare altro, purtroppo farà altro”, ha concluso Elena Donazzan.