Funerali di Valeria Solesin, l’ultimo abbraccio della città in piazza San Marco
Un cuscino di gigli bianchi e roselline sopra un feretro di legno chiaro di fronte alla Basilica di San Marco. Le bandiere a mezz’asta, le saracinesche abbassate, l’Inno di Mameli e la Marsigliese e due ali di persone, i familiari, i parenti, gli amici di una vita da un lato, le massime autorità civili e religiose dall’altra: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, insieme a numerosi altri rappresentanti delle Istituzioni.
Questa mattina Venezia ha dato il suo ultimo saluto a Valeria Solesin, la giovane ricercatrice veneziana, rimasta uccisa negli attentati terroristici del 13 novembre scorso al teatro Bataclan di Parigi. Una cerimonia civile, come espressamente richiesto dai genitori, aperta alle persone di ogni credo, che ha saputo unire, in un grande abbraccio, persone diverse per storia, provenienza, credo religioso.
“Venezia, crocevia da sempre di etnie, culture, religioni diverse, città del dialogo e dell’accoglienza – ha dichiarato il sindaco di Venezia nel discorso di apertura della cerimonia – saprà trarre forza, da questo grande dolore. Dimostreremo di saper essere uniti contro l’odio e il terrore, nel rispetto di tutte le libertà”.
“Qualcuno ci ha detto in questi giorni – ha detto il padre della ragazza, Luciano Solesin, nel ringraziare tutte le persone che hanno dimostrato loro affetto e vicinanza – che la nostra famiglia ha rappresentato un esempio di compostezza e dignità, quasi che noi potessimo significare un esempio per molti. Se questo è appena lontanamente vero, dico che era dovuto e dedicato a tutte le Valerie che lavorano, studiano, soffrono e non si arrendono”.
Moltissimi gli amici, i compagni di classe o di studio che hanno voluto ricordare la loro Valeria: la sua generosità, l’impegno sociale, la determinazione di una giovane che aveva studiato sociologia a Trento e intrapreso il dottorato di ricerca in demografia a Parigi, città in cui si stava costruendo un futuro con gli affetti più cari.
Seduti l’uno accanto all’altro, i rappresentanti cittadini delle tre grandi religioni monoteiste.
“La morte di Valeria” – ha sottolineato nel suo intervento il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia – ci ricorda che la vita dell’uomo è incerta, fragile come un fiore che il vento investe e distrugge. Ma l’amore di Dio rimane per sempre”. Il patriarca ha poi proseguito rivolgendo un accorato appello agli ‘uomini e alle donne del terrore’ , invitandoli a cambiare il loro modo di essere e a chiedere perdono. “Sappiate che non riuscirete mai a portarci ad odiare”.
Unanime è stato il messaggio lanciato dalla comunità musulmana, rappresentata dall’Imam di Venezia Hamad Al Mohamad, dal presidente della Comunità islamica di Venezia, Mohamed Amin Al Ahdab, e dal presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia, Izzeddin Elzir. “Valeria – hanno dichiarato con forza – non è stata uccisa in nome di Allah o dell’Islam, che è una religione di pace. I terroristi pensavano di riuscire a dividerci, a relegarci nel buio della paura, ma hanno fallito. Ci troveranno sempre saldi e uniti nel difendere i valori della vita e della giustizia”.
“Noi crediamo – ha concluso il il rabbino capo di Venezia, Shalom Bahbout – che i giusti non muoiono mai. Finché ci saranno persone come Valeria che fanno la loro parte, che costruiscono il Bene giorno per giorno, i terroristi non prevarranno. La tua morte, cara Valeria, ci obbliga a vivere’”.
Accompagnata dalle note dell’Inno alla gioia, la bara, sollevata dai gondolieri listati a lutto, viene portata al cimitero di San Michele.
Nell’umanità che questa mattina le si è stretta intorno, Valeria ha davvero lasciato il segno.