Un’indole testarda e ambiziosissima. Una curiosità sconfinata, una grande passione per la musica e un senso di inadeguatezza mai davvero superato ma senza il quale non sarebbe arrivato poi così lontano. Sono solo alcuni dei tratti della personalità complessa e affascinante di un outsider che ha segnato per sempre la storia della geografia, dell’antropologia culturale e della musica. È Giovanni Miani, il grande esploratore veneziano del XIX secolo che aveva un grande sogno. Voleva infatti scoprire le sorgenti del Nilo e arrivare dove l’uomo non era mai giunto per lasciare ai posteri la testimonianza di un mondo fino allora sconosciuto.
I primi anni di vita
Oggi lo ricordiamo come il “leone bianco” d’Africa. La vita di Giovanni Miani inizia in Veneto, a Rovigo, cittadina dove nasce il 17 marzo 1810 e dove cresce nella totale povertà economica e affettiva. Figlio illegittimo del nobile veneziano Pieralvise Bragadin e della sua governante Maddalena Miani, Giovanni viene portato a casa di alcuni parenti nella provincia veneziana. Crescerà senza conoscere libri, letteratura e cultura ma solo fame e miseria. All’età di 14 anni, però, suo padre Pieralvise, che non aveva eredi, decide di riconoscerlo e richiamarlo a Venezia. E’ da questo momento che inizia una grande svolta nella vita di Giovanni.
Da ragazzino povero e non istruito, Giovanni, si ritrova tuffato nel mondo della nobiltà veneziana in una quotidianità fatta di cultura, arte, letteratura, tutte discipline a lui sconosciute fino all’ora. Ma a queste inizia ad appassionarsi al punto da farle diventare la sua unica ragione di vita. Giovanni, infatti, inizia a seguire lezioni private di musica, disegno, storia, scienze.
Questa nuova vita prestigiosa non basterà, però, a mettere a tacere la convinzione di essere ancora quel ragazzo di campagna cresciuto a “scodella e cucchiaio di legno”, come ricorda lui stesso nei suoi diari. Giovanni Miani, infatti, continua a vivere un senso di inadeguatezza e solitudine ampliato dal fatto di non poter giocare con i ragazzi della sua età o frequentare il patriarcato perché figlio illegittimo.
La prima grande impresa
La vera vita di Giovanni Miani inizia dopo la morte di suo padre quando decide di diventare padrone del suo destino. È così che Giovanni si butta nella sua prima grande impresa, studiare musica sperimentale. Inizia a frequentare i migliori conservatori d’Europa e si mette in testa di scrivere un’opera immensa, la storia universale della musica di tutti i popoli e di tutte le nazioni dalle origini a oggi. Si tratta di un volume che doveva raccogliere un insieme di tavole realizzate dallo stesso Miani e raccontare l’evoluzione della musica nel tempo.
Per vent’anni Giovanni si dedica a questo progetto che gli costa, come lui stesso ha raccontato, “il patrimonio e la gioventù” e che non riuscirà mai a portare a compimento. Giovanni, infatti, pubblica un unico volume autofinanziandolo ma almeno ha la soddisfazione di ricevere per questo lavoro una buona recensione da parte di Gioachino Rossini.
Fallito il tentativo di raccontare la storia universale della musica e conscio di aver chiuso con questo mondo, quel ragazzo dall’animo ancora irrequieto trova il suo sfogo partecipando ai moti rivoluzionari spagnoli e italiani ma, il suo vero posto nel mondo Giovanni lo troverà solo in età adulta. Infatti, inizierà un’avventura che diventerà la sua unica ragione di vita. Miani decide che il territorio inesplorato dell’Africa e, nello specifico, le sorgenti del Nilo, saranno il suo nuovo obiettivo. E con la stessa dedizione con cui si è dedicato a ognuna delle sue imprese, impiega tutte le sue forze fisiche, psicologiche ed economiche per cercare di raggiungere anche questo grande scopo.
Sognando il Nilo
Studia geografia, cartografia e perfino l’arabo prima di partire. Progetta nel minimo dettaglio una spedizione che è costretto a finanziarsi da solo giocandosi tutto quello che ha. Così, il 10 maggio 1859, Giovanni Miani parte dal Cairo per risalire il Nilo affrontando secche, animali selvaggi e diversi tentativi di uccisione nei suoi confronti. Diventa il primo uomo bianco a entrare in Uganda e arriva vicinissimo a quelle sorgenti del Nilo che erano diventate la sua ossessione. Giovanni, infatti, è a sole 60 miglia dal suo obiettivo che, però, non riuscirà mai a raggiungere a causa di un inganno. Il traduttore del capo tribù dove è giunto, infatti, gli farà credere che le paludi del Nilo sono impossibili da attraversare.
E’ così che Miani, a un passo dal suo grande sogno è costretto a tornare indietro per organizzare una nuova spedizione che purtroppo non riuscirà mai a portare a termine. È il 1963, infatti, quando, tornato in Italia, riceve la notizia che gli esploratori inglesi Speke e Grant hanno raggiunto le sorgenti del Nilo e trovato, prima di lui, quel leggendario luogo che gli aveva rapito la mente e il cuore.
Qui si interrompe il grande sogno di Miani. Pur non essendo riuscito a portare a termine la sua impresa ha comunque contribuito, con i suoi tentativi, ad ampliare la conoscenza del mondo africano in Italia.
La fondazione del primo museo etnografico d’Europa
L’esploratore, infatti, è riuscito a portare nel suo Paese una preziosissima collezione di materiale raccolto durante i viaggi. Tra questi ci sono i diari dove annotava usi e costumi delle popolazioni autoctone, strumenti musicali sconosciuti, oggetti, indumenti, calzature e animali esotici. Si tratta di una grande raccolta di reperti che lo stesso Miani decide di mostrare a tutti. Lui stesso fa un progetto di come questi oggetti dovevano essere esposti. Sarà proprio lui a fondare, a Venezia, il primo museo etnografico d’Europa che oggi si chiama Museo di Storia Naturale. Questo conserva ancora tutti gli oggetti recuperati da Miani che seguono il suo personale progetto di esposizione.
Miani, però, non può passare il resto della sua vita in Italia perché il cuore e la sua mente sono ancora in Africa. Ormai sessantenne, decide di tornare in Egitto dove fonda il primo giardino zoologico del continente africano raccogliendo piante e animali esotici di tutti i tipi.
Gli ultimi anni
A 61 anni Giovanni è un uomo segnato dal tempo e dalle delusioni della vita. Ma il suo spirito ribelle e la sua sconfinata ambizione lo portano a non volere che la sua esistenza finisca così. Senza dire niente a nessuno, infatti, parte per un’ultima missione dalla quale non tornerà più. Si aggrega a un gruppo di ricercatori d’avorio, una compagnia che si rivelerà, purtroppo, pessima. Miani continua a raccogliere esemplari di animali, uccelli e altri oggetti raggiungendo luoghi sperduti e tribù sconosciute. In questo ultimo viaggio è consapevole che non gli resti ancora molto da vivere, Giovanni sceglie di scavarsi da solo una fossa. Si prepara, quindi, con le sue stesse mani, l’esatta tomba in cui avrebbe voluto essere sepolto.
E sotto la pioggia battente di quei temporali africani che amava così tanto e con in bocca una pipa, Giovanni Miani muore. Viene sepolto proprio nel cuore del continente che aveva dato un senso alla sua vita. Viene seppellito insieme alla sua pipa, la sua provvista di tabacco e la sua barba da “leone bianco d‘Africa”.
Si spegne così la vita di un uomo ambizioso, temerario e affamato di conoscenza che ha contribuito a scrivere una delle pagine più avventurose della storia italiana e non solo.