Qualche giorno fa a Padova, Ahmed un ragazzo di 15 anni è uscito di casa, ha salutato la mamma, ha preso la biciletta… più tardi era su una ponte pedonale del fiume Brenta, ha posato per terra il cellulare e si è buttato giù. Alla sera i suoi familiari, disperati perché non tornava a casa, hanno cominciato a cercarlo. Si è mossa la polizia. Il giorno dopo un tizio che passava sulla passerella pedonale del Brenta ha trovato il cellulare, è stato ricostruito l’accaduto, i sommozzatori hanno dragato il fondale e hanno trovato il corpo.
La morte di Ahmed
Perché si è suicidato questo ragazzino? Nessuno se lo spiega. Era bravo a scuola, addirittura rappresentante di classe, sereno, nessun problema tranne qualche piccolezza tipica dell’età…I familiari di Ahmed pensano che i suoi amici sappiano qualcosa, la polizia indaga, la procura ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti per istigazione al suicidio. Si cerca nel cellulare, si pensa che abbia avuto pressioni, che sia finito in chissà quali giri.
Da notare che dallo stesso ponte pedonale, meno di un anno fa, un altro ragazzo di 17 anni si era buttato giù, annegando. Coincidenze che fanno pensare.
Rissa e guerriglia sugli argini del Brenta
Il pomeriggio del 25 aprile, altro episodio, festa della liberazione, un sacco di gente era sugli argini del Brenta, molto più a valle, a fare il picnic. In un tratto dove è obbligatorio andare a piedi, un gruppo di ragazzi si è messo a fare gare di auto e di motocross. Forse altri avranno protestato, ne è venuto fuori un baruffone colossale. Una rissa, scene di guerriglia urbana, ho letto sul Gazzettino.
Anzi il titolo era “Guerriglia alcolica lungo l’argine”. Adesso se ne stanno occupando i carabinieri, per identificare i protagonisti. Sembra che sia stata una specie di sommossa organizzata, per contestare la decisione dei sindaci dei comuni di Fossò, Vigonovo e Campolongo maggiore di vietare il transito delle moto. Sindaci che adesso temono che il 1° maggio si ripeta la stessa cosa.
Perché racconto questi episodi così diversi? Perché inducono a farsi la stessa domanda: sappiamo noi cosa fanno i nostri figli quando escono di casa? Che dialogo abbiamo con loro? Non per vivere noi la loro vita, sia chiaro, ma per aiutarli a vivere la loro. Anche perché finché sono minorenni ne siamo responsabili. Come genitori, ma anche come nonni, perché ad una certa età i ragazzi si confidano più facilmente con i nonni che con i genitori. Quindi, occhio: si può evitare una bravata ma anche salvare una vita.