Patrizia Gobat, presidente dei consulenti del lavoro di Venezia, ci parla del reddito di cittadinanza stanziato nel Veneto.
Ultimamente si parla molto di Reddito di cittadinanza, di occupazione e di disoccupazione. A questo proposito, è stata annunciata il 13 dicembre, a Milano, una manifestazione di protesta delle imprese e degli imprenditori del nord delusi dalle misure promesse dal Governo 5 stelle e lega.
Patrizia Gobat ci spiega come nel Veneto il tasso di disoccupazione si trova sotto la soglia del 6%, molto basso sei si pensa che in Italia la media di disoccupazione nazionale è del 20%. Nonostante ciò, questa regione presenta delle sacche di povertà, che spaventano gli imprenditori.
Come soluzione al problema è stato stanziato il Reddito di cittadinanza, che nasce come misura di assistenza dei redditi della popolazione più povere.
A fruire del reddito saranno tutti i nuclei familiari e non sarà attribuito alla singola persona. Con una base di 780 euro, il reddito aumenterà in base all’aumentare dei componenti del gruppo famiglia.
In questa scenario, è necessario capire il funzionamento delle agenzie per le imprese, e capire se c’è possibilità di trovare lavoro.
Il reddito di cittadinanza in Italia, differentemente che in Europa, dove viene vista come misura di assistenza delle famiglie povere, ha la funzione di muovere quello che può essere il mercato del lavoro. Viene “visto come cuscinetto tra momento di difficoltà o disoccupazione con ricerca di un lavoro sicuro”-spiega Gobat.
Per la ricerca di un lavoro, entrano in gioco i centri per l’impiego, il cui compito sarà quello di inserire il disoccupato in una banca dati alla quale possono attingere anche le aziende. Questo è il modello che la regione Veneto ha adottato da alcuni mesi.
Le agenzie stanno inoltre cominciando a muoversi nel Veneto indipendentemente dal reddito di cittadinanza, in seguito all’assegno per il lavoro stanziato dalla regione e rivolto alle agenzie stesse.
Patrizia Gobat conclude infine esprimendo l’incertezza delle risorse che saranno messe in campo per riformare i centri per l’impiego.