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‘Ndrangheta: indagato imprenditore con 150 dipendenti

Ndrangheta e le altre organizzazioni mafiose sono presenze stabili nel Veneto e non più infiltrazioni. E’ ciò che afferma il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi capo dell’antimafia veneta

Egli ha invitato gli imprenditori a non voltarsi dall’altra parte. I 33 arresti di ieri sono a carico di un’organizzazione criminale che secondo gli inquirenti sarebbe legata alla cosa “Grande Aracri” ‘ndrangheta calabrese.

Le accuse sono di estorsione, violenza, usura finalizzata al riciclaggio attraverso l’emissione di fatture false.

Carabinieri e guardia di finanza contestano ad esempio a Sergio Bolognino Rechici, e Clausi il sequestro di un’imprenditrice padovana trattenuta con la forza due ore all’interno dell’azienda. Tutto per costringerla a cedere al gruppo criminale il 50% della società.

La parte più consistente delle indagini riguarda le fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti. Il primo insediamento viene fatto risalire al 2001 quando Sergio Bolognino si stabilisce tra i comuni di Rosà e Tezze sul Brenta, ma c’è anche un faldone veneziano. Nell’operazione Camaleonte tra gli indagati c’è un imprenditore 42 enne di Pianiga Piastellista, persone che hanno vissuto a Campagnalupia. Nel sistema secondo le indagini è finito anche un imprenditore veneziano importante, l’amministratore della Segeco.

In virtù di quello che gli investigatori chiamano sistema Semenzato l’uomo incastrato dalle intercettazioni ora è in carcere 51 anni mestrino secondo i carabinieri aveva un ruolo chiave nel riciclaggio del denaro della cosca calabro emiliano

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