Le piattaforme di streaming hanno infine conquistato il primato tra le fonti di ricavo del settore musicale, spicca anche la seconda giovinezza del vinile.
Lo streaming è diventato ufficialmente il primo canale di introiti per l’industria musicale, grazie alle nuove generazioni che si stanno rivelando anche delle ottime alleate della lotta alla pirateria. A certificare il definitivo sorpasso ai danni dei CD e dei download è l’ultima rilevazione elaborata da Deloitte per conto della Fimi, la Federazione Industria Musicale Italiana.
Nei primi sei mesi di quest’anno lo streaming è arrivato a coprire il 51% del mercato, rispetto al 44% del 2017, un’escalation confermata dai numeri di GfK: nel primo semestre 2018 gli stream sulle piattaforme audio hanno superato quota 11 miliardi e il sorpasso sui 12 mesi precedenti (poco più di 14 miliardi) è scontato. D’altro canto il segmento dei compact-disc perde 8% e rappresenta il 31% del settore, mentre il vinile continua a vivere una seconda giovinezza, con una crescita dell’11%.
Tornando allo streaming, i primi sei mesi dell’anno hanno fatto registrare un aumento del 25% degli abbonamenti premium, a dimostrazione di una netta disponibilità degli utenti a pagare per un accesso libero da vincoli e pubblicità ai cataloghi. I servizi di Spotify, Apple Music e altre compagnie hanno puntato su un modello di offerta ampia e variegata a un prezzo basso in stile Netflix. E i risultati gli stanno dando ragione con effetti positivi anche nel contrasto alla pirateria.
Quest’ultima tendenza emerge evidentemente dai dati resi noti dalla Fimi, in occasione della relazione annuale dell’Autorità garante per le comunicazioni: l’indice del fenomeno è diminuito dal 39% del 2014 al 20% del 2018 con tutti i canali illegali in calo sia di utenti che di download. Il merito va ascritto soprattutto ai giovanissimi, è infatti la fascia di età tra i 13 e i 15 anni, rileva la ricerca “Connecting with music” realizzata da Ipsos Connect, ad essere più orientata a sposare l’offerta legale.