Seconda giornata di arresti domiciliari in albergo in Sudan per Marco Zennaro, che ha potuto finalmente farsi una doccia e dormire in un letto. Dopo 74 giorni senza questi due elementi fondamentali per un regime di vita appena sopra il livello di sopravvivenza, finalmente l’uomo si è potuto riposare.
Il padre di Marco Zennaro teme per la sua azienda
Per ottenere questo risultato, la Farnesina ha mosso alcuni diplomatici italiani e sudanesi, mentre la famiglia ha dovuto sborsare altri 800 mila euro, racimolati per liberare l’imprenditore 46enne di Marghera.
Il padre ha raccontato al Gazzettino, il quotidiano che dal cinquantesimo giorno di prigionia ha fatto esplodere la notizia, che ora si teme per l’azienda. Formata da 26 addetti, è senza titolare da tre mesi e il denaro speso finora non aiuta certo il bilancio della società.
Dopo la causa penale anche quella civile
Urge che Marco torni a casa. Invece si profila un altro calvario poiché, appena uscito dal carcere, gli è stata notificata la causa civile, essendo annullata quella penale.
Il miliziano Abdallah Esa Yousif Ahmed ha sporto la causa penale contro di lui per aver ricevuto materiale difettoso e a cui si è agganciata la denuncia di un’azienda di Dubai, che sostiene di non aver mai ricevuto la merce pagata. Tutte accuse che la famiglia Zennaro definisce infondate e, anzi, il padre ha raccontato che gli piange il cuore sapere che ci sono 400 trasformatori fermi in una città dove c’è un blackout ogni mezz’ora.
La richieste della famiglia Zennaro
La famiglia teme un altro arresto e per questo ha chiesto di ospitare Zennaro in una struttura protetta dell’ambasciata, ma senza risultato. Nello sfondo si alza la protesta del presidente delle camere di commercio del Veneto Mario Pozza. È inammissibile che si chieda agli imprenditori di operare all’estero e poi non li si protegga.