Marghera: regole, moschee e convivenza multietnica

Le moschee a Marghera rappresentano una crescente diversità culturale, ma il loro sviluppo deve conciliarsi con il rispetto delle regole urbanistiche e delle esigenze locali

A Marghera, il dibattito sulle moschee riflette la sfida tra multiculturalità e rispetto delle regole urbanistiche, con il caso dell’ex cinema Ariston a simboleggiare questa complessa convivenza sociale e normativa.

Moschee e normative

La vicenda dell’ex cinema Ariston a Marghera, bloccato nel suo iter di trasformazione in luogo di culto islamico per l’assenza di autorizzazioni formali, solleva interrogativi cruciali sulla convivenza tra multiculturalità e rispetto delle normative urbanistiche.

Rubens Gebbani, rappresentante dell’associazione “Marghera Oggi”, offre una riflessione ponderata che tiene conto tanto dei diritti quanto dei doveri delle comunità che animano il quartiere. Secondo Gebbani, la presenza di una significativa comunità bengalese a Marghera non è solo un dato numerico, ma una realtà che contribuisce al tessuto economico e sociale del territorio.

Una presenza radicata e virtuosa

Con una popolazione di circa 30.000 abitanti, di cui 8.000 immigrati, la comunità straniera – e quella bengalese in particolare – ha dimostrato un comportamento esemplare e una partecipazione attiva alla vita locale.

“Questi immigrati portano il nostro prodotto interno lordo a un 10%. Producono e lavorano. Hanno diritto a un momento di culto, così come dimostrano le otto chiese e le quattro moschee già esistenti,” osserva Gebbani.

Diritti di culto e normative urbanistiche

Tuttavia, il rispetto dei diritti di culto non può prescindere dall’aderenza alle regole stabilite. Come sottolinea, le norme urbanistiche e di sicurezza devono essere applicate indistintamente a tutte le realtà, religiose o meno. La trasformazione dell’ex cinema Ariston in moschea, senza i necessari permessi per il cambio di destinazione d’uso, rappresenta un punto critico che ha reso inevitabile l’intervento delle autorità.

La riflessione di Gebbani va oltre il caso specifico, sottolineando la necessità di trovare un equilibrio tra la crescita di strutture religiose e il rispetto delle regole.

Il caso morale delle moschee

“Abbiamo più chiese e moschee che panifici,” afferma, evidenziando il proliferare di luoghi di culto rispetto ad altre infrastrutture essenziali. Nonostante ciò, invita a evitare conflitti inutili, auspicando un dialogo costruttivo: “Non facciamo la guerra. Non serve a nulla. Hanno dei diritti, ma devono anche rispettare i doveri.”

Il caso Ariston diventa così simbolo di una sfida più ampia: integrare nuove realtà culturali senza derogare al rispetto delle regole, garantendo al contempo il diritto al culto in un quartiere sempre più multiculturale.

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