Come vedi questa sfida secolare del settore del vetro in questo momento storico?
Matteo Masat: “Tutto l’artigianato veneziano ha un problema di costi ed è molto semplice capirlo. Se io produco in terraferma costi di trasporto, per trovare magazzino, per trovare un locale per fare qualsiasi operazione che preveda lo spostamento o trovare degli spazi, ho dei costi completamente diversi in centro storico. Io lo chiamo artigianato eroico quello fatto a Venezia, perché deve sopportare dei costi più alti, però deve stare alla stessa concorrenza più o meno della terraferma. E questa è la prima difficoltà a livello economico.
L’altra grossa difficoltà del comparto del vetro sono le maestranze. Maestri nel settore del vetro ce ne sono sempre meno. I passaggi generazionali sono complicatissimi e prevedono anni di pratica estrema. Un mastro vetraio lo diventa dopo anni, quindi si prevede proprio un innamoramento per questo tipo di lavoro e ci sono sempre meno giovani che hanno voglia di intraprendere questo tipo di carriera.
Il mercato c’è, perché hanno saputo reinventarsi commerci completamente diversi rispetto a 100 anni fa. Però la difficoltà è proprio creare questo tipo di passaggi”.
Tra le varie criticità ce n’è una che riguarda tutto il comparto artigiano: il passaggio generazionale. Tu già hai indicato alcuni aspetti puoi fare un approfondimento su questa cosa?
Matteo Masat: “Ci sono dei settori in città dell’artigianato che soffrono moltissimo questo. Vetro l’abbiamo detto, ma non solo: io ricordo le officine Zanon, officine meravigliose che hanno appoggiato e aiutato a lavorare architetti come Scarpa, facendo delle opere meravigliose. Ecco, queste officine sono con un grossissimo problema generazionale, stanno cercando maestranze, faticano a farlo e tutto il comparto del legno sta subendo questa problematica.
In città ed è difficile trovare dei falegnami, come fino a non molti anni fa si riusciva a trovare. Esistono dei settori che soffrono particolarmente questi passaggi. Il motivo credo sia cultuale. Su questo non c’è dubbio: la scuola non prepara più e sta, o meglio, sta iniziando a fare adesso con un notevole ritardo, culturalmente a entrare e far capire che questo tipo di lavori danno: un sacco di soddisfazioni; un lavoro che permette di crearsi una professionalità; nel tempo stabile; che ti porta ad essere ad alti livelli a livello mondiale con le capacità le conoscenze di un settore che può annoverare centinaia di anni di esperienza e di capacità.
Adesso c’è tutta questa sfida sugli ITS nuovi, su queste scuole che dovrebbero preparare un po’ in queste tipologie di settori, però è tardi”.
GUARDA ANCHE: Matteo Masat, come l’artigianato ha affrontato la crisi