Oggi l’ospite di Maria Stella Donà a La Voce della Città Metropolitana è Maurizio Franceschi, Direttore Confesercenti Veneto. Franceschi nei giorni scorsi ha conquistato i titoli dei quotidiani locali perché ha detto che la situazione della crisi del commercio a Mestre è drammatica.
Si parla di circa il 30% di negozi sfitti non soltanto nel centro storico, ma anche nei centri commerciali. Quindi non c’è più neanche lo scontro tra centri commerciali e centro storico: è proprio una cosa generalizzata. È proprio la crisi del commercio.
Maurizio Franceschi, iniziamo dall’andamento delle svendite
“Partiamo dicendo che l’andamento delle svendite rappresenta un po’ la cartina tornasole della situazione più generale che sta vivendo il commercio. La scorsa settimana abbiamo fatto un’indagine.
Ogni 6 mesi noi facciamo un focus sul centro di Mestre e sui negozi sfitti, che in qualche modo rappresentano lo stato di salute del commercio e della città. L’ultimo dato ci dice che nel centro storico (inteso come la parte centrale di Mestre) gli sfitti raggiungono una percentuale pari al 21,30%. Questa, però, è una percentuale inferiore rispetto a quella che abbiamo rilevato lo scorso anno. Già questo, anche se la percentuale è molto modesta, vogliamo leggerlo come un dato positivo”.
Hanno resistito alla prima ondata di covid solo i negozi che erano più in grado di resistere
“Sì, ma parliamo di un dato in percentuale molto modesto. Parliamo di 2 punti. La percentuale di luglio 2020 era il 23,90%, mentre quella di giugno 2021 è 21,30%. Comunque significa che meno negozi hanno chiuso nel 2021.
Il dato più preoccupante è che la percentuale aumenta nell’area centrale, cioè nel salotto buono, ossia Piazza Ferretto. Qui la percentuale raggiunge invece il 27,60%. Anche questo è un fatto piuttosto strano.
L’area centrale di solito è più legata alla vocazione commerciale. I consumatori hanno la tendenza a frequentarla non solo per gli acquisti, ma anche per socializzare. Lì c’è la maggiore concentrazione di attività di pubblico esercizio e registra un dato negativo. Tale dato è molto preoccupante”.
C’è anche l’aria aperta, che dovrebbe essere un incentivo ad andare in centro
“Sì, si va all’aria aperta ma direi che oggi tutto il centro di Mestre è un’area di qualità, anche dal punto di vista urbano. Tutti gli interventi di riqualificazione urbana sono stati molto importanti, che ha riqualificato un quadrato centrale fondamentale.
Se pensiamo che a Mestre abbiamo il multisala Candiani, uno dei pochi esempi in Italia dove più sale cinematografiche rimangono nel centro città, la domanda è: come mai, nonostante tutto, Mestre non attira gli investitori? Ci servono imprenditori che credano e che investano nella città per riempire i buchi legati agli sfitti” ha detto Maurizio Franceschi.
La Confesercenti si è data delle risposte?
“Dobbiamo partire da un dato: il commercio sta vivendo una fase di difficoltà. Non solamente i negozi di vicinato, ma anche la grande distribuzione sta vivendo una situazione molto critica. Questo è dovuto certamente alla pandemia, che ha condizionato i consumi dei concittadini, ma anche all’inserimento di un terzo canale di vendita, quello elettronico, passato al 30%. Questo nuovo canale ha stravolto un assetto esistente e lo sta modificando profondamente.
Quindi, le conseguenze sono: negozi in centro in difficoltà, negozi che chiudono nei centri commerciali anche perché ormai il loro format è superato, non più attrattivo. Noi riteniamo che la città, se adeguatamente rivalutata e ripensata nella sua capacità di proporsi, può essere la vera componente del commercio elettronico”.
Gli eventi in piazza possono attrarre il cliente in negozio
“Le cose stanno tutte insieme. Il commercio, l’attrattività delle iniziative, la percezione dei consumatori sul luogo, tutto è importante. Mestre purtroppo sconta ancora oggi una percezione sbagliata, di una città che non è attrattiva nell’offerta commerciale e difficile da raggiungere. Questa concezione va superata attraverso una promozione efficace della città nel suo complesso.
Nella città ci sono prospettive che poche altre città hanno: c’è il museo del Novecento, abbiamo l’area dell’ex Umberto I, la città è cambiata in meglio. Questa qualità che ha raggiunto però non riesce ad attrarre né gli investitori, né i consumatori. Questo è il vero tema sul quale l’amministrazione comunale deve lavorare”.
Reduci da 17 mesi di covid è difficile fare promozione
“Noi dobbiamo ragionare per il post Covid. Gli effetti del Covid li abbiamo vissuti, oggi è necessario pensare al dopo e guardare al futuro con fiducia e ottimismo. Gli investimenti frutto del Recovery Plan permetteranno all’Italia e all’Europa di crescere, in particolare in merito al Pil, che già quest’anno è aumentato di 5 punti. e si tratta quasi di una rivoluzione.”
Sarà necessario restituire i soldi del Recovery Plan
“Il debito genera preoccupazione, per questo è necessario investire su aziende e lavoro per produrre ricchezza. solo così potremo restituire il debito. Questa crescita sarà fortunatamente accompagnata dalle riforme del Governo Draghi, quella fiscale, della giustizia e del lavoro, e questo dato del 5% di crescita del Pil verrà sicuramente riconfermato il prossimo anno.”
Nel periodo di chiusura sono diminuiti i consumi legati al settore abbigliamento. Si continuerà a spendere in questo frangente?
“Era piuttosto prevedibile che diminuissero gli acquisti legati all’abbigliamento, essendo in lockdown. Il fattore di crescita è legato non solo alla produzione ma anche e soprattutto ai consumi; le persone hanno il desiderio di riprendere la normalità, viaggiare, fare acquisti, andare al ristorante, ecc. Di conseguenza è necessario incentivare proprio la ripresa dei consumi” ha concluso Maurizio Franceschi.