Una ricerca svizzera sostiene che le persone più intelligenti della norma fanno fatica a comandare, inoltre nella leadership sarebbero meglio le donne.
«Buone notizie per te, Donald». E’ il titolo ironico del sito di Newsweek (riferito al presidente americano Trump) che riporta i risultati di una ricerca dell’Università di Losanna, secondo la quale per essere dei leader efficaci non bisogna essere troppo intelligenti. Lo studio sottolinea che un’alta intelligenza può aiutare a essere un capo migliore, ma soltanto fino a un certo punto perché le persone più brillanti a livello di QI sono fra le meno efficaci, per lo meno dal punto di vista dei loro dipendenti.
Gli psicologi svizzeri hanno contattato 380 dirigenti di medio livello (età media 38 anni, il 27% donne) di 30 Paesi europei, impiegati in società private di vario tipo, dal campo amministrativo alla vendita al dettaglio. A tutti è stato chiesto di compilare un questionario sulla personalità e fare un test di intelligenza, il Wonderlic Personnel Test. Il quoziente intellettivo medio dei coinvolti è risultato pari a 111, dunque superiore alla media della popolazione generale a quota 100.
Facendo valutare questi “capi” da colleghi o dipendenti subordinati – attraverso un questionario – si è scoperto che quando il QI è intorno al valore medio misurato fra i leader valutati (111) la loro capacità di comandare viene giudicata positivamente, mentre più il quoziente intellettivo cresce (da 120 in su) più la leadership è indicata “problematica” o “non buona” dai subalterni.
Inoltre è emerso che, nel complesso, le donne sono leader migliori degli uomini e i capi più anziani più positivi di quelli giovani. I ricercatori non hanno una spiegazione certa per la correlazione evidenziata dal loro loro, ma ipotizzano che le persone più brillanti appaiono come leader peggiori perché più propense a usare linguaggi complessi ed elaborati e meno capaci di semplificare i compiti o capire quando, per colleghi o dipendenti, qualcosa appare difficile o molto impegnativo.