L’ex dipendente di Facebook Selena Scola ha denunciato il social, che non farebbe abbastanza per assistere psicologicamente i suoi moderatori di contenuti.
Una buona parte di contenuti spazzatura pubblicati su Facebook non arriva sui nostri display, grazie ad algoritmi e filtri automatizzati del social network che effettuano un lavoro preventivo per eliminare tutto ciò che contrasta con gli standard della comunità.
Ma c’è anche un oscuro esercito di moderatori in carne e ossa, che devono esaminare tutte le situazioni dubbie provenienti in particolare dalle segnalazioni degli utenti, si parla di circa 10mila persone che dovrebbero raddoppiare entro l’anno.
Questi operatori occupano di valutare, in pochi secondi, ciò che può rimanere sulle nostre bacheche e ciò che va rimosso, un compito che li mette a dura prova tanto procurargli traumi psicologici e disturbi da stress post-traumatico profondi, paragonabili a quelli dei militari reduci di guerra, a causa dei video e delle foto raccapriccianti con cui vengono quotidianamente a contatto .
E Selena Scola, ex dipendente del gruppo ha fatto causa al colosso di Menlo Park, accusandolo di non fornire una sufficiente e adeguata assistenza psicologica a chi trascorre ore valutando contenuti violenti, mutilazioni, omicidi, suicidi, stupri o abusi di ogni genere. «Facebook sta ignorando il suo dovere di fornire un posto di lavoro sicuro – ha spiegato Korey Nelson, il legale della querelante – al contrario, sta costruendo un sistema di porte girevoli di contractor che vengono irreparabilmente traumatizzati da ciò sono costretti a fare sul lavoro».
In passato i vertici del social avevano dichiarato che i revisori avrebbero accesso a un sostegno mentale fornito da professionisti, oltre a ricevere benefit massimi in termini di assistenza sanitaria. La direttrice delle comunicazioni Bertie Thomson, da parte sua, riconosce che «spesso questo lavoro può essere difficile, per questo il supporto ai nostri moderatori di contenuti è una cosa che prendiamo incredibilmente sul serio».