Sivori indaga sulle responsabilità della polizia negli eventi tragici che coinvolgono i malviventi, nel corso delle operazioni di arresto.
empatia verso i deboli
Nella dialettica che si instaura tra carnefice e vittima, la solidarietà segue spesso la via dell’empatia, portando a indentificarsi con chi soffre e viene soggiogato, rispetto a chi viene riconosciuto come “il male” senza che intercorrano troppi ragionamenti.
guerra fredda e solidarietà
Ce lo insegna la storia stessa, in più riprese. La prima per importanza è forse la frase “Io sono un berlinese”, pronunciata dal presidente Kennedy, che ha sfruttato la sua abilità retorica per lanciare un messaggio di vicinanza alla capitale tedesca e al suo popolo, diviso da un muro di cemento e ideologie.
terrorismo e messaggi di cordoglio
Qualche decennio più tardi, l’evoluzione dei mezzi di comunicazione ha permesso al mondo intero di mostrare la sua solidarietà alla Francia, insanguinata dell’attentato terroristico al giornale satirico Charlie Hebdo, attraverso bandiere e frasi di solidarietà sui social network.
buoni e cattivi
Fino a qui, le considerazioni da fare sono ben poche e la distinzione tra buoni e cattivi è evidente. Ma cosa succede quando sono le forze dell’ordine, coloro che rappresentano i “buoni”, ad essere nel mirino per eventi spiacevoli connessi allo svolgimento della loro attività?
la cronaca e l’opinione pubblica
Sivori riporta un fatto di cronaca in cui il malvivente ha perso la vita, seppur per cause naturali, durante le fasi d’arresto. Si tratta di tragica fatalità dovuta a problemi di salute o le procedure d’arresto da parte della polizia sono state troppo rigide?
giustizia e responsabilità
“Il dovere delle forze dell’ordine”, ci dice Sivori, “è sempre quello di proteggere il cittadino”. Aggiungendo poi che alcuni episodi di esagerazioni da parte delle forze dell’ordine ci sono stati e hanno portato anche a tragedie, ci si interroga sul giudizio che scaturisce da eventi che, invece, non hanno a suo dire nulla di immorale, né tanto meno illegale.
processo inverso
Conclude dicendo che forse, chi punta il dito sulle forze dell’ordine, dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza, mettendosi nei panni di chi ha chiamato perché aveva bisogno d’aiuto e di chi, nei limiti delle sue possibilità, ha cercato di fare il suo mestiere.