Siamo in collegamento con l’ingegner Giovanni Cecconi, che è stato direttore della control room del Mose. Lui è andato in pensione quando ancora il Mose non era in funzione, ma ne conosce tutti i meccanismi. Ci racconterà che tipo di materiali sono stati impiegati nella costruzione della diga mobile, alcuni dei quali usati in via sperimentale e per questo scadenti, in vista di una revisione degli stessi. Tutto nasce dalle polemiche sul sindaco Brugnaro, che all’Expo di Dubai ha definito il Mose “vendibile”, quando invece una parte della popolazione veneziana non condivide assolutamente l’idea, argomentando che dovrebbe in primo luogo funzionare meglio.
Il Mose potrebbe funzionare meglio?
“Il Mose, così com’è fatto, nasce per la laguna di Venezia con tutti i vincoli ambientali che questa impone. È l’unica soluzione possibile ad un insieme di contingenze altrimenti non soddisfabili. Nell’ultima stagione ha sempre protetto Venezia, ad esclusione della volta in cui non si è tenuto conto di una previsione e la sala comando è stata smobilitata.
Eccetto l’acqua alta dell’8 dicembre 2020, il livello non è mai salito sopra i 103 cm nello scorso anno. Quest’anno invece abbiamo già due casi in cui è salito sopra i 105 cm perché non è stato azionato, benché fosse pronto” ha detto ingegner Giovanni Cecconi.
Ciò deriva da una questione economica: gli stipendi degli addetti non venivano pagati. Ora però emerge un’altra questione: la corrosione.
“La bocca di Treporti è stata la prima ad essere completata, tanto che nel 2014 l’avevo già testata. Di comune accordo con il Provveditore e i consulenti, si è scelto di non utilizzare gli acciai di massima qualità, ma di usarne altri di minore qualità proprio perché si trattava di uno sbarramento dimostrativo, di prova.
Con l’intento poi di sostituirli. Ciò smonta la polemica sulla ruggine: questa riguarda solo alcuni componenti non essenziali, ma solo a contatto con i componenti essenziali delle cerniere. Queste ultime sono realizzate in leghe particolari, quindi possono al massimo ricevere una patina superficiale di ruggine, che però non le intacca.”
Trattandosi del Mose, sostituire i materiali scadenti significa muovere milioni di euro. Chi si assume la responsabilità della scelta iniziale di tali materiali?
“Stiamo parlando già della gestione Mose. Mantovani aveva proposto questa soluzione, con Treporti che diventava la barriera pilota, quella da testare per prima in tutti i dispositivi elettromeccanici che la compongono. Le cerniere delle paratoie, che sono saldate con tecniche all’avanguardia che ne garantiscono la qualità, sono realizzate in acciai speciali che resistono alla corrosione” detto ingegner Giovanni Cecconi.
Ora bisognerà sostituire il materiale corroso a Treporti.
“Non c’è da sostituire nulla degli elementi essenziali. I materiali scadenti utilizzati nel Mose riguardano solo componenti secondarie.”
La corrosione che c’è, è dovuta all’acciaio scadente?
“Sì, erano da sostituire già nel 2018, poiché prevedevamo una durata di 5 anni. Bisognerà sostituire anche le paratoie che non hanno subito la manutenzione.”
A chi spettava la decisione?
“Ai commissari che si sono succeduti e che non hanno ritenuto prioritaria la manutenzione. La produzione è diventata, poi, un decimo di quella che c’era prima ed è quella che ha portato all’indebitamento del consorzio. Hanno mantenuto nella sostanza le maestranze, ma la produzione è crollata. Viene da pensare che abbiano scelto di far durare di più una fase pensata per essere risolutiva e molto rapida.”
È un’ipotesi o un’insinuazione?
“È una constatazione, perché i commissari vengono nominati per raggiungere degli obiettivi. Dovrebbero essere pagati anche in relazione ai risultati raggiunti e se invece di accelerare si rallenta, forse non andrebbero pagati.”
Rimane da chiederci se il Mose sia in grado di funzionare, nonostante l’utilizzo di materiali scadenti.
“Certo, perché il problema dell’acciaio si pone sull’economicità e sull’esigenza del sistema a lungo periodo. Attualmente, non c’è nessun rischio, ma alcune componenti relative all’automazione del controllo sono state inserite. La gestione viene svolta con più di 80 persone, quando ne potrebbero bastare la metà. Inoltre, ho da sempre proposto che per il 75% delle acque alte, da 85 cm o a 1,20 metri, si chiuda solo la bocca di Lido.
In questo modo, nonostante il ritardo di 6 anni nella sostituzione della conca di Malamocco e nel rifacimento delle bocche di Chioggia, si potrebbe tenere San Marco asciutto. Anche lì c’è un ritardo, perché l’incarico è stato dato dopo 1 anno e qualcuno voleva creare una barriera di vetro ed acciaio firmata. L’insieme dei ritardi ha creato un grave danno, su cui sarebbe bene indagare” detto ingegner Giovanni Cecconi.
È un aspetto su cui la Guardia di Finanza si sta muovendo, negli ultimi giorni.
“Si, questo è un buon segno. La Provveditrice Zincone aveva mandato un esposto ai precedenti commissari affinché rispondessero sui ritardi e sui danni che si venivano a creare. Oltre alle perizie dei commissari, licenziati successivamente alla fine del loro commissariamento, molte perizie sono state bloccate per questo, perché si rischiava di pagare 2 o 3 volte per le stesse cose, ma non si sapeva di chi era la colpa.”
Il Mose è vendibile? È un brevetto italiano, ma gli altri paesi non sembrano finora interessati, perché è troppo costoso.
“Rispetto a Rotterdam, il Mose è più costoso perché va sempre sott’acqua. Non era possibile fare una barriera come quella di Rotterdam per motivi storici, per la presenza dei Forti e ciò voleva significare distruggerli. Soprattutto c’è la questione del moto ondoso, assente a Rotterdam. Questo sistema, che deve sparire sott’acqua, come stabilito dalla legge speciale e le norme del P.AL.A.V sulla laguna veneziana, è più costoso, perché è modulare sommerso. Non è vendibile in altre zone, perché chiunque ci penserebbe due volte prima di mettere uno sbarramento sott’acqua” detto ingegner Giovanni Cecconi.
“Le barriere mobili vengono installate per chiudere baie, lagune con bocche strette. Non possiamo pensare di montare il Mose nello stretto di Gibilterra oppure per proteggere Genova, come afferma Gianfranco Bettin. Quello che è invece vendibile è il processo di conoscenza, di studi, di ricerche, il know how, ormai perduti nei cassetti del progettista del Magistrato alle acque, perché i nuovi arrivati preferiscono fare nuovi studi. Purtroppo, a nessun interessa ormai custodire questa conoscenza.”
Questi 30 anni di studi non devono essere gettati via, sono il frutto di passione, talento ed ingegno.
“Sono studi che valgono circa 300 milioni. Per esempio, la gestione del Mose, chiudendo solamente la bocca di Lido, è uno studio del 2012, che vale 2 milioni. Perciò, non va commissionato, ma va solamente a verificare quello studio e applicarlo. Questo permetterebbe di non disturbare il porto e di finire i lavori di San Marco più velocemente, chiudendo solo Lido per tutte le acque alte, in modo tale che l’acqua non superi di 90 cm, a beneficio dei commercianti. ”
È un tesoro prezioso, in un momento in cui il livello del mare si sta innalzando in tutto il pianeta. Grazie, ingegnere Cecconi.
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