Domani, venerdì 2 giugno, esce il quarto disco da solista di Noel Gallagher, dedicato alla sua amata città, Manchester. Un ritorno alle origini in tutto e per tutto e con uno sguardo rivolto ai good old days. Quando, nonostante la precarietà della sua vita, aveva la forza di sognare e con la musica immergesi in un mondo fantastico.
Chi non ha apprezzato i flirt con l’elettronica potrebbe amare l’album che segna un ritorno a songwriting e arrangiamenti diciamo così classici, riconfermandosi un artigiano e uno di quelli bravi. Con il merito principale di non essersi distanziato dal modello di quella band che l’ha consacrato, gli Oasis.
Un Noel riflessivo
Il nuovo album è stato interamente scritto durante il lockdown. Come riportato dall’artista stesso, è stato un periodo di riflessione per tutti. Tutti i testi nati dalla pandemia sono risultati essere particolarmente profondi e introspettivi. Ma l’artista non si sente di attribuirne un significato univoco, almeno fino a quando non saranno suonate e vissute con il suo pubblico.
Il feeling oscuro delle nuove canzoni è dovuto al momento in cui è stato scritto e alle vicissitudini che hanno sconvolto la vita personale dell’artista. All’inizio dell’anno infatti Noel e Sarah McDonald, sposati da dodici anni, hanno annunciato la loro separazione. Ma anche se nel suo complesso il disco possa sembrare cupo, come lo è effettivamente il pezzo finale, Think of a Number, in realtà anche nelle canzoni più melanconiche c’è speranza.
Il musicista di Manchester ha cercato di prendere il meglio dal proprio presente per ricreare un mondo a cui guardava con malinconia, nella speranza di rivivere un’età dell’oro e spogliarsi dei ricordi negativi che l’avevano offuscata. Le canzoni scritte in solitudine con il solo aiuto di una chitarra acustica, si sono poi immerse in un contesto estremamente sicuro e personale, il Lone Star, il primo studio personale della sua carriera. Lo studio è situato nel Nord di Londra e presidiato oltre che da strumenti, da poster psichedelici e ritratti dei Beatles. Un contesto, anche estetico, nel quale sentirsi al sicuro, tra oggetti e immagini familiari.
La copertina è di Kevin Cummins, fotografo che aveva già fatto una delle prime foto degli Oasis. Sullo sfondo di un complesso di case popolari, la copertina del nuovo album ricorda la retro-copertina di Ummagumma, di un’altro degli storici gruppi rock britannici, i Pink Floyd.
Le canzoni
È un disco in bianco e nero, sia per la malinconia che lo pervade ma anche per alcuni stupefacenti suoni wave. Secondo il suo autore, Pretty Boy, singolo che già da tempo è in radio ha delle vibes dei Cure. Prima di essere sottoposto ad un sapiente remix di Robert Smith, la canzone è stata rifinita in studio con l’intervento di Johnny Marr, presente anche in altri due brani di Noel. Decisamente in bianco e nero sono anche Think of a Number, di cui già annunciato e una title track di forti aspirazioni radiofoniche.
Il radicamento nel passato si sente soprattutto nel trittico formato da Open the Door See What You Find, Trying to Find a World That’s Been and Gone e Easy Now. Quest’ultima, è stata già annunciata come pezzo centrale e immancabile dei prossimi concerti dell’artista, che avranno in Italia l’unica tappa al Forum di Assago l’8 novembre.
Melodie e cori che segnano un ritorno al classico pop britannico. Council Skies ha tutte le carte in tavola per diventare forse il miglior album del Noel Gallagher del dopo Oasis.