L’insegna circolare con lo storione presente in un quadro del Carpaccio nasconde la storia dell’ostessa Antonia. Storia di una grande donna forte ed emancipata, simbolo di una Venezia che nei suoi 1600 anni continua ad essere un modello di ospitalità, femminilità e tradizione.
Storia dell’ostessa Antonia, esempio di grande emancipazione
Donna fra uomini a capo della più antica locanda veneziana storicamente documentata. Si tratta dell’Antica locanda Sturion che diventò il simbolo della Riva del Vin. Un luogo dove in passato si scaricavano le partite di vino e i viaggiatori si godevano la mondana vita veneziana.
L’episodio per cui viene ricordata nelle cronache risale al 1414. In quell’anno maritò la figlia senza concordare le nozze con i Signori della Notte. Questi costituivano l’istituzione veneziana che si occupava di mantenere l’ordine durante le ore notturne. Antonia fu costretta a sposare Meneghino Tubetà, che morì a causa dell’irruenza dei suoi osti. Successivamente, si risposò, in seconde nozze, con un certo “Pasqualini Bonmathei hospitis ad hospitium Sturionis in R.to”.
In un’epoca in cui Venezia era meta battuta da mercanti e viandanti, nella locanda della vedova Antonia i cittadini potevano trovare un alloggio sicuro, a due passi dal ponte di Rialto e con vista sul Canal Grande.
Uno dei piatti più richiesti nella sua locanda era lo storione, considerato uno fra i pesci migliori in assoluto, da qui il detto veneziano “Megio essar na testa de sardela che na coa de sturion”. Ed è proprio l’insegna con lo storione che Carpaccio riproduce in uno dei quadri del 1494, “Il Miracolo della Reliquia della Croce”, mostrando la storia di questa donna, esempio di grande emancipazione femminile.