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L’Africa raccontata dai medici del Cuamm

Il libro "Africa, andata e ritorno" raccoglie le testimonianze di giovani volontari del Cuamm, medici che hanno vissuto esperienze intense e significative in Africa.

Trenta giovani volontari del Cuamm, l’organizzazione non governativa che tutela la salute delle popolazioni africane raccontano in forma di lettera la propria esperienza nei villaggi sperduti dell’Uganda, del Sudan del Sud o del Mozambico. Il loro è un racconto spesso duro ma sincero nel quale c’è però sempre ampio spazio per l’incontro con l’altro e la condivisione.

Tutte queste testimonianze sono raccolte nel volume “Africa, andata e ritorno” presentato a Palazzo Santo Stefano, sede della Provincia di Padova.

“Africa, andata e ritorno”: le testimonianze coraggiose dei giovani volontari del Cuamm

Don Dante Carraro, Presidente Medici con l’Africa e curatore del volume: “Africa, andata e ritorno sono le lettere di 30 giovani, medici in gran parte, che sono partiti per l’Africa. Il libro racconta le loro vite professionali ma anche umane, le ricchezze, le difficoltà, le sofferenze da una parte ma anche le gioie profonde. Inoltre, mostra come in Italia ci siano ancora giovani che scelgono di impegnarsi solidalmente con i più bisognosi, offrendo un messaggio di fiducia e speranza per un mondo migliore.”

Francesca Cera, medico volontario Cuamm: “Sono una specializzanda in geriatria e grazie ad un progetto con Medici dell’Africa Cuamm ho passato sei mesi in Tanzania a lavorare nell’ospedale di Tosamaganga. L’ultimo libro uscito del Cuamm “Africa, andata e ritorno” racconta le storie di giovani che sono fatte di impegno quotidiano e lavoro sul campo. Storie di lavoro, di difficoltà e di valori. Storie di collaborazione con il personale locale.”

Alberto Mantovani, direttore scientifico Humanitas: “Cito Bernardo di Chartres, un monaco francese del XII secolo diceva che “siamo nani sulle spalle dei giganti”. Leggendo le lettere di tanti giovani, raccolte in questo libro mi sono sentito un po’ così ovvero anziano sulle spalle dei medici più giovani di me.”

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