È un’emergenza che non conosce sfumature quella creata dal coronavirus al Nord. Un’epidemia ancora in espansione, un’ascesa dolorosa in cui i numeri sui grafici sono fatti di persone, volti, storie e famiglie. E di cui ancora non si vede la fine, come assicura Giorgio Palù, virologo dell’Università di Padova, già presidente della Società italiana e di quella europea di virologia.
“Sono usciti diversi studi ormai da parte dei colleghi cinesi – dice Palù – secondo i quali la stessa concentrazione virale si trova nei campioni di pazienti sintomatici e asintomatici. Solo che fino a qualche settimana fa si stentava ad affermare cose che potevano allarmare. Oggi si pubblicano gli studi e se ne parla sulle riviste scientifiche”.
“Quello che manca attualmente – sottolinea – è un denominatore che ci consenta di calcolare in maniera precisa il tasso di letalità, che è diverso nei vari Paesi colpiti. Solo i test sierologici sulla presenza di anticorpi, in corso in Cina e di cui si attendono i risultati in alcune settimane, ci daranno conto di quante persone sono venute a contatto con il virus, senza magari sviluppare sintomi, e quanto esso sia letale. Per ora in Italia la percentuale si aggira attorno al 3,2%”.