È nato nell’Ospedale di San Donà di Piave un nuovo reparto dedicato alle donne per la prevenzione e la cura di tumori all’utero e al seno. Nel percorso donna, non ci sarà più soltanto il radiologo e poi un solo ginecologo da fare da front office, ma un equipe costituita anche da chirurghi plastici, psicologi, infermieri specializzati.
Prevenzione donna
In una struttura pensata per accogliere e trattenere fino alla guarigione la paziente che, a volte per mancanza di fiducia, tende a cercare nuovi consulti e nuovi specialisti perdendo tempo prezioso.
Marika Soldà, Direttore dell’Ostetricia e dell’Oncologia, Ospedale San Donà di Piave: “La presa in carico è fondamentale in questo ambito. È fondamentale che la paziente giunga allo screening e poi segua dei percorsi ben definiti e dettagliati, altrimenti può cercare pareri altrove, anche confondendosi. In molti casi, riscontriamo proprio questo e a volte possono arrivare da noi tardi”.
Il reparto ha richiesto energie più che per i muri, per la costruzione di una squadra che servirà agli stessi sanitari, per creare più occasioni per confrontarsi e operare nei casi più complessi. Ci sarà anche più spazio per una figura emergente che seguirà passo per passo la paziente.
Case manager
Mauro Filippi, Direttore Generale ULSS 4 Veneto Orientale: Per la patologia alla mammella, abbiamo già identificato qualche anno fa un’infermiera, case manager. Un profilo nuovo che esiste già in alcune realtà, soprattutto nei paesi del nord europa. può essere un’infermiera, come da noi, ma può essere un’altro professionista come patrocinatore del paziente. Lo accompagna dalla fase iniziale fino alla riabilitazione. Perciò programma tutta la parte degli interventi di diagnosi, degli accessi agli ambulatori medici, l’attività con il fisioterapista. si fa carico di quell’attività che rischierebbe altrimenti di ricadere sulla persona che ne risentirebbe”.
La nuova organizzazione punta a nuovi rapporti sociali tra medico e paziente.
Nuovo reparto
Nicola Bragato, Direttore unità operativa chirurgica con l’unità senologica inserita: “In questi ambienti nuovi, diciamo, dal punto di vista strutturale, è importante confermare la propria presenza. Nel momento della comunicazione, in cui c’è la spiegazione alla paziente della sua patologia, la gestione diagnostica e non solo, avere il personale e la struttura che fanno capire di essere presenti, diventa l’aiuto per la paziente che ha avuto la sfortuna di ammalarsi”.
Il lavoro non mancherà, anche perchè la regione Veneto ha deciso di abbassare la fascia di età a cui proporre lo screening al seno, da 50 a 45.
Manuela Lanzarin, Assessore Servizi Sociali Regione Veneto: “Negli anni di covid, lo screening è stato molto rallentato. Sebbene le persone ricevessero l’invito continuato, c’era poca possibilità di farlo o paura ad avvicinarsi ad una struttura sanitaria. Dal 2022 abbiamo recuperato in Veneto, e ricordiamo che lo screening al seno è stato esteso, grazie al nuovo piano regionale di prevenzione, alle donne dai 45 ai 74 anni”.
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