Porto e coronavirus: cosa è avvenuto fin’ora ce lo spiega Pino Musolino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale. Il quale afferma che fin da subito loro hanno messo in smart working l’80% dei dipendenti, tutti quelli possibili. Questa epidemia ha mostrato, secondo l’ospite, l’importanza di avere un porto. Ciò è dimostrato dal fatto che è uno dei luoghi di lavoro che non è stato chiuso. Questo perché il porto svolge essenziale un esercizio di l’import-export. Quindi se molti supermercati di Venezia hanno i prodotti sui propri scaffali è grazie al lavoro svolto in ambito portuale.
Porto e coronavirus
Il porto della città lagunare è stato il primo appartenente ad una zona rossa. Ciò ha comportato che si dovesse trovare un modello per permettere a tutti i lavoratori di compiere i propri doveri nel modo più sicuro possibile. Questa esperienza è poi diventata un esempio per le altre strutture affini in tutta Italia. Per il futuro l’intervistato cerca di essere positivo, sarà difficile ripartire, ma ce la faremo. Sicuramente, però, bisognerà cambiare alcune modalità lavorative, sia nel porto che sulle navi. Per il momento si sta scoprendo l’utilità del “lavoro da casa”, che potrà essere sfruttata anche in futuro. Poi, probabilmente, si cambieranno, almeno per un po’, i regolamenti sulle navi da crociera, cercando di rendere maggiore la distanza tra i viaggiatori e pendendo altre accortezze di questo tipo.
Per quanto riguarda l’idea di alcuni politici del nostro paese di riaprire alcuni luoghi di lavoro, per cominciare a ripartire, Pino Musolino afferma che bisogna stare in guardia. Secondo l’ospite è essenziale non aprire prima del dovuto, per quanto la situazione sia complessa fare un passo falso in questo momento potrebbe farci ricadere nella situazione dalla quale stiamo cercando di uscire, o addirittura aggravarla.