La storia della cucina del ghetto di Venezia

Scopriamo come la comunità ebrea e la cucina ebraica del ghetto di Venezia siano elementi fondamentali della cultura culinaria della città

La presenza ebraica a Venezia risale incredibilmente a poche centinaia di anni dalla fondazione della città stessa. La comunità ebraica di Venezia è stata una delle più stabili e consistenti fin dal Trecento. La parola ghetto deriva proprio dal fatto che nel luogo in cui gli ebrei veneziani furono costretti a risiedere si trovasse precedentemente una fonderia, infatti nel Veneziano del XIV secolo gèto significava fondere.

Durante la “guerra della Lega di Cambrai” del 1500, che Venezia vinse, furono portati a Venezia molti ebrei fuggitivi dalla terraferma. Gli edifici del ghetto di Venezia vengono chiamati i primi “grattaceli” della storia perchè, per ricavare un numero sufficiente di alloggi, vennero espansi verticalmente raggiungendo anche gli otto piani. Successivamente Napoleone aprì le porte del ghetto e fu eliminato l’obbligo di residenza per gli ebrei.

Fin qui è la storiografia ufficiale ma gli ebrei hanno in realtà avuto un ruolo molto importante nella quotidianità di Venezia.

La cucina ebraico-veneziana è ricchissima di contenuti perchè i mercanti levantini introdussero le spezie e la frutta secca, grazie al loro commercio con l’Oriente. Il riso zalo (riso giallo), ancora oggi preparato viene per esempio soffritto nel grasso d’oca e arricchito con zafferano, ed è quindi frutto dell’incontro tra le due culture. I bigoli in salsa, deliziosi spaghetti impastati con il nero di seppia e conditi con salsa di cipolle e acciughe, sono un altro famoso piatto di origine ebraica.

I mercanti ponentini, ebrei della penisola iberica, introdussero a Venezia l’uso spagnolo delle preparazioni in agrodolce, diventando la base per in altro piatto famoso della cucina veneziana cioè le sarde in saor, con l’abbinamento del pesce all’uvetta e pinoli.

La pasticceria ebraica veneziana è particolarmente adatta alla Pasqua Ebraica, perchè il divieto di mangiare lievito ha dato vita alla produzione di azzime dolci con semi di finocchio o anice e molti dolcetti morbidi con nomi in dialetto veneziano: le bìse, i sucarìni, le àpere e i dolci di mandorle come le impàde.

La cucina veneziana, cosi come la cultura veneziana stessa, sono estremamente cosmopolite , una caratteristica fondamentale che ha sempre definito Venezia fin dal passato.

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