Con l’impennata dei prezzi a causa dell’inflazione i costi fissi come le bollette si sono divorati i pochi margini che il governo ha cercato di consolidare riducendo i contributi nelle buste paga dei lavoratori dipendenti. Lo sostiene l’Ufficio Studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA) di Mestre.
La pressione fiscale è in calo, ma l’inflazione nasconde il beneficio
Andrea Vavolo, ricercatore della CGIA di Mestre: ” La pressione fiscale è in calo. Nel 2023 è calata di 0,2 punti rispetto al 2022 e ci si attende un ulteriore calo di 0,2 punti anche per il 2024. Questo grazie a modifiche delle aliquote degli scagioni IRPEF e la decontribuzione INPS a carico dei dipendenti.
Tuttavia è facile che le famiglie non si siano accorte di questo alleggerimento fiscale a causa di un’inflazione che è stata elevata nel 2022 (oltre l’8%) e nel 2023, nonostante un rallentamento, si chiuderà con un 5%. Quindi questi soldi sono andati per pagare bollette più care e tariffe più elevate.”
Lavoratori autonomi sotto accusa per le loro tasse
Ciò che sta più a cuore all’associazione è però smontare la tesi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo cui i lavoratori autonomi avrebbero evaso nel 2023 30 miliardi di Irpef, ossia il 67% dei loro redditi. Per dirlo in parole più semplici verserebbero soltanto un terzo delle imposte a loro attinenti. I piccoli artigiani e commercianti hanno aziende composte dal solo titolare.
L’associazione degli artigiani mestrina si chiede come può essere che che una sola persona (parrucchiere, idraulico, elettricista o meccanico) guadagni quasi 100 mila euro l’anno, ossia due volte tanto in più di quanto dichiarato se lavora da solo per 10 o 12 ore e da solo deve rapportarsi con clienti, con i fornitori, con il commercialista e con la banca.
Critiche alla valutazione del Ministero da parte della CGIA di Mestre
La CGIA infine boccia anche il peso del fisco valutato dal Ministero. Andrea Vavolo: “Nel 2023 la pressione fiscale sui contribuenti onesti ha raggiunto il 47,4%, quasi 5 punti percentuali in più rispetto alla pressione fiscale ufficiale che è pari al 42,5%. Come mai questo? Perché nel fare questo calcolo, nel stimare il peso del fisco sui cittadini, si rapporta le imposte, tasse e contributi al PIL. Ma il PIL comprende anche l’economia sommersa sulla quale non derivano tasse. Eliminando queste si ottiene la pressione fiscale reale che come ho appena detto è pari al 47,4%.”
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