Scopriamo perché “Look what you made me do”, l’ultimo singolo di Taylor Swift, ha stabilito i nuovi primati di visione su YouTube e di ascolto su Spotify.
Record su record per il nuovo singolo di Taylor Swift, “Look what you made me do“, presentato il 27 agosto agli MTV Video Music Award: il primo estratto dall’album “Reputation” (in uscita il 10 novembre) ha ottenuto in un solo giorno oltre 39 milioni di visualizzazioni su YouTube, battendo il primato di Adele, che nel 2015 aveva totalizzato 27,7 milioni di views con il video di “Hello“. Nelle stesse 24 ore il brano è stato ascoltato più di otto milioni di volte su Spotify, e anche in questo caso ha fatto meglio di tutti i predecessori nel primo giorno di diffusione.
Le ragioni del successo sono molteplici: da una parte la popolarità della cantautrice, che vanta un agguerrito numero di fan e una presenza piuttosto “ingombrante” sui social dove può contare su 85,5 milioni di follower su Twitter e 102 milioni su Instagram. Non a caso subito prima dell’annuncio dell’album la Swift, o chi per lei, ha cancellato tutti i suoi post lasciando credere che potesse trattarsi di un attacco hacker e attirando così l’attenzione di tutti i suoi seguaci.
Una mossa di marketing, non originalissima, che però non è passata inosservata, anche se la vera forza della sua “Look what you made me do” sta nelle numerose citazioni fatte nel video ai casi mediatici che l’hanno vista protagonista negli ultimi dieci anni: Katy Perry, Kanye West, Kim Kardashian e Calvin Harris sono solo alcune delle star con le quali è in corso una “guerra” combattuta a suon di tweet al vetriolo. Non c’è da stupirsi dunque se da qualche giorno a questa parte in molti si stiano dando da fare per individuare i riferimenti, non troppo celati, ai suoi acerrimi nemici di sempre.