Siamo qui oggi con un gigante del giornalismo contemporaneo. Persona di immensa esperienza sul campo, scrittore e ovviamente giornalista, grazie Alessandro Marzo Magno per questo collegamento. Hai cominciato la tua carriera di reporter con Diario, con servizi di attualità in regioni calde come l’ex-Jugoslavia. Poi, però, ti sei accorto che ad appassionarti davvero era la ricerca nel passato.
Ti chiediamo allora di riportare la mente a una storia di cui hai parlato recentemente. E cioè che la Venezia del ‘600 si sarebbe trovata ad affrontare il problema di una diga che rischiava di bloccare l’afflusso di acqua nella laguna. Cosa ci sai dire a riguardo?
“Quando si parla di questo episodio si fa riferimento a un momento della storia della città, datato 1660, in cui un signore particolarmente abbiente di nome Federico Gualdi, proprietario minerario, aveva pensato di costruire una barriera che interrompesse il flusso delle acque del mare nella laguna.
Un vero e proprio Mose pre-moderno, che però si sarebbe collocato nella parte interna della città anziché alla periferia. Una volta posto in opera, il meccanismo avrebbe anche garantito dei passaggi per permettere alle navi di attraccare in porto. Quello che stupisce è proprio il profilo ancora attuale di un progetto come questo, per quanto poi non abbia trovato seguito concreto” ha detto Alessandro Marzo Magno.
Certamente. Quali sono i motivi veri e propri dell’abolizione del progetto? Sappiamo ad esempio che Gualdi era inviso alla nobiltà veneziana, e che sperava di potervisi avvicinare una volta avuto il successo sperato con questa idea.
“Dici bene. Stiamo parlando di un personaggio di origine tedesca, e che come tanti altri puntava a ottenere un ingresso privilegiato nel Gran Consiglio della città con grossi versamenti alla Repubblica. Tuttavia, pare gli andò male e fu ostacolato nella realizzazione del progetto, di cui non si fece più nulla.”
Passando su un fronte più attuale, ti sei occupato anche della guerra dei Balcani, e in merito a questo hai sostenuto che la peste peggiore di ‘800 e ‘900 è il nazionalismo. Dopo un’esperienza drammatica come il Covid, confermi comunque questa tua tesi?
“Assolutamente. Io sono stato nei Balcani, e ho avuto la fortuna, o sfortuna, di vederlo in atto. Stiamo parlando di un vero e proprio veleno che intossica tutta l’Europa fin dalla seconda metà dell’800. Ed evidentemente non ce ne siamo ancora liberati.
Basti pensare a come noi ancora oggi guardiamo ai fatti legati alla guerra sui Balcani: siamo indissolubilmente legato a una retorica nazionalista. Lo slogan coniato secoli fa dall’Italia invasore della Dalmazia – Romanità, venezianità, italianità – è stato interiorizzato e naturalizzato a tal punto da tramutarsi in realtà per molti nostri concittadini italiani” ha detto Alessandro Marzo Magno.
E di Venezia cosa possiamo dire a riguardo? È esatto affermare che senza il nazionalismo avrebbe continuato a splendere come realtà autonoma, come ha sempre fatto prima dell’età moderna?
“In generale, bisogna usare con cautela il termine “nazionalismo”. Si tratta difatti di una categoria inapplicabile a periodi precedenti al secondo Ottocento. E quindi, nel caso della politica di Venezia, prima della nascita del Regno d’Italia possiamo parlare di isolazionismo, o neutralità.
In alcuni casi anche di superbia, perché non sono stati rari i momenti in cui la città si sentiva superiore salvo poi soccombere al nemico. Esempi di questo ne possiamo trovare non solo in ambito politico-militare, ma anche della moda: si pensi alla Francia, convinta da sempre di detenerne il monopolio che è stata costretta a passare poi all’Italia”, ha detto Alessandro Marzo Magno.
Ritornando sul tema Covid, secondo te come Venezia ha affrontato gli episodi di pandemie nel passato e come lo ha fatto in questi ultimi 2 anni?
“Innanzitutto, sempre relativamente al tema di cui parlavamo prima, se si paragonano i numeri dei morti fatti dalla recente pandemia con quelli dei nazionalismi in tutto il mondo fino a oggi c’è da prendere paura da quanto i secondi siano maggiori. Questo appunto a parte, Venezia è sempre stata una città all’avanguardia nella gestione delle pandemie.
Ai tempi ovviamente non si aveva nemmeno l’ombra delle competenze mediche di cui disponiamo oggi. Per questo si continuava a vivere, ad esempio, in mezzo ai veicoli stessi delle varie epidemie come ratti e altri animali infestati dalle letali pulci foriere del virus. Eppure, è a Venezia che per la prima volta si intuisce che si tratti di una malattia infettiva. E che quindi i malati vadano isolati dai sani.
E così anche il principio della quarantena, ideato per la prima volta a Dubrovnik ma messo in pratica a Venezia nell’isola del Lazzaretto vecchio. Pensa poi che, sempre a Venezia, nel ‘700 erano stati messi a punti dei metodi di cura detti di “variolizzazione” che seguivano la stessa intuizione del moderno vaccino. Ovvero, inoculare una parte del vaiolo per renderne immune l’organismo ospite. Sfortunatamente non riscosse molto successo, ma abbiamo ancora oggi dei proclami del doge che ne promuoveva l’utilizzo” ha detto Alessandro Marzo Magno.
Ti chiedo un brevissimo cenno a uno dei tuoi ultimi lavori.
“Certo. Vi dico solo che nel mio penultimo libro “La splendida – Venezia 1499-1509″, edito da Laterza nel 2019, trovate moltissime altre storie sulla falsa riga di quelle di cui abbiamo parlato oggi.”
Grazie Alessandro per essere stato con noi.