Covid, Zaia sotto attacco del PD per i morti. Lui non arretra

Luca Zaia accusato di aver agito per evitare le chiusure durante il Covid a tutti i costi incluso quello di aumentare i morti. Si è tornato a parlare dei due anni di pandemia oggi in consiglio regionale a Palazzo Ferro Fini e il presidente della Giunta Regionale del Veneto Luca Zaia ha ribadito che si tirerà indietro nel confronto

Si potevano evitare almeno alcuni degli oltre 8200 morti per covid nel Veneto, se la Regione fosse stata dichiarata zona arancione come l’Emilia Romagna o rossa come la Lombardia. A sostenerlo sono le consigliere regionali di minoranza, componenti della commissione di inchiesta sul covid, che questa mattina durante una seduta del Consiglio Regionale a Palazzo Ferro Fini a Venezia, hanno illustrato la loro relazione sull’intera vicenda.

Covid

La tesi vetta sull’accusa a Luca Zaia di aver gonfiato il numero di attrezzature per la terapia intensiva a disposizione degli ospedali della Regione per non far scattare chiusure e restrizioni e rimanere in zona gialla.

Secondo il Presidente della giunta regionale essere utilizzati 1016 respiratori, in realtà per le consigliere del PD e le altre forze di opposizione, se n’erano attivate soltanto 700 e altri erano soltanto attivabili.

Inoltre il virus si sarebbe maggiormente diffuso per l’uso massiccio dei tamponi rapidi, anziché molecolari essendo meno precisi e quest’ultima è la tesi sostenuta anche da Andrea Crisanti, ora senatore del PD.

Tutto l’incartamento verrà trasmesso alla Procura e toccherà al giudice stabilire se è vero che si sarebbero salvate vite umane, declassando il Veneto a zona rossa o arancione. Luca Zaia però non arretra.

Il commento di Luca Zaia

Le parole di Luca Zaia, Presidente della Giunta regionale del Veneto:

“Eh guardi, non ci siam mai tirati indietro, la chiarezza è sempre utile, dopo di che si ragiona sul fatto che eravamo in un contesto nel quale era totale emergenza e non avevamo il libretto delle istruzioni per l’uso e quindi a partire dalla sanità io sono qui a difendere fino in fondo i nostri sanitari”.

“Non esiste che qualcuno venga a fare l’illuminista e valuti la storia col senno di poi. Tutti son fenomeni oggi a parlare di ibuprofene, di terapie, di altro ma quando c’era il covid il 21 febbraio 2020 quello più coraggioso si chiudeva in casa”.

Nuovo centro per i disturbi dell’identità di genere

C’è invece un argomento che unisce le forze politiche a Palazzo Ferro Fini ed è il nuovo centro per i disturbi dell’identità di genere, il cui progetto esecutivo sarà approvato venerdì prossimo 24 marzo e sarà realizzato a Padova in via Modena.

La struttura vuole rispondere ad una domanda crescente. Attualmente ci sono 200 persone seguite dall’equipe Padovana formata da andrologi, ginecologi, urologi, endocrinologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi, chirurghi, internisti e nutrizionisti.

I pazienti vengono da tutta Italia e spesso nascondono storie di emarginazione. Zaia ha risposto agli attacchi di CasaPound e affermato che non ha ricevuto critiche da parte di Matteo Salvini.

Le parole di Zaia: “Ma non mi risulta di esser stato criticato nel senso che io faccio l’amministratore e devo portar avanti tutto quello che prevede la legge. Guardi, se non avessi fatto così non avrei chiuso con il covid, non sarei stato il primo a fare alcune scelte anche purtroppo pesanti”.

“Pensate, sono stato io il primo a fare la prima zona rossa d’Italia e quando amministri hai questi obblighi”.

Exit mobile version