77 anni di carcere divisi tra i 7 imputati dell’inchiesta Camaleonte-bis, coordinata dai procuratori veneziani Paola Tonini e il capo della Dda di Venezia Bruno Cherchi.
Le accuse
La pena inflitta oggi dal tribunale di Padova chiude un’indagine iniziata nel 2013 su estorsioni, violenza, usura, sequestro di persona, riciclaggio, immissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
I reati sono stati commessi fino al 2015, ossia fino a quando un imprenditore trevigiano, vittima come tanti altri della crisi, si è messo nelle mani degli usurai della ‘Ndrangheta.
È entrato così in un inferno da cui poi, per uscirne, ha dovuto rivolgersi alle forze dell’ordine. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un pestaggio che l’uomo ha subito davanti alla sua ditta di Galliera Veneta.
L’indagine e 77 anni di carcere
L’indagine è stata condotta dai Carabinieri di Padova e dalla Guardia di Finanza di Venezia. Ha squarciato il velo che copriva le attività illecite del clan dei fratelli Bolognino. Michele e Sergio Bolognino sono collegati direttamente alla cosca Grande Aracri Veneto.
L’organizzazione criminale aveva trasformato la regione in terra di conquista, sfruttando le aziende in crisi. Bruno Cherchi, Procuratore della Direzione Antimafia di Venezia dice: “Il problema è essenzialmente l’entrare nell’ambito aziendale veneto per poi occuparlo in maniera illegale. Le indagini sono state molto lunghe. Queste cose prevedono tempi lunghi.” Nel 2019, durante l’operazione Camaleonte, erano scattati 50 arresti ed emesse pene complessive per 116 anni.