Autonomia differenziata: una frattura sociale?

L'autonomia differenziata, dibattuta a "Una Voce Forte", genera opinioni divise tra ottimismo e preoccupazione per l'impatto sulle regioni italiane

In questa puntata di “Una Voce Forte” il nostro conduttore Riccardo Cecconi ha intervistato due ospiti sul tema dell’autonomia differenziata. Si tratta di un argomento molto dibattuto nelle ultime settimane e che interessa a tantissimi veneti e italiani.

Il referendum del 2017 e le materie di competenza

Il 22 ottobre 2017 in Veneto e in Emilia Romagna c’è stato il referendum consultivo sull’autonomia differenziata. In tanti si sono lamentati nel corso degli anni di una staticità di iniziativa e attività circa questo argomento, ma un paio di settimane fa è passato al Senato il Ddl Calderoli. Questo permette e garantisce alle regioni a statuto ordinario di avere discipline autonome regionali.

Funziona in modo complesso perchè ci saranno 23 materie per cui le regioni potranno chiedere autonomia amministrativa e funzionale. Le discipline sono molteplici e vanno dall’istruzione alla sanità, alla gestione delle entrate fiscali, alla gestione di reti infrastrutturali, ma anche di porti e aeroporti, dell’istruzione e dei rapporti con l’UE, il parlamento europeo e i vari rapporti internazionali.

Il possibile funzionamento dell’autonomia differenziata

Si sente spesso parlare di piccole nazioni all’interno dell’Italia, o meglio di federalismo. Le regioni dovranno garantire un minimo di servizi essenziali, i LEP, che sono al vaglio della commissione al bilancio. Si tratta di livelli essenziali di prestazione. Per cui se una regione chiederà l’autonomia nell’istruzione non potrà decidere di tagliare una materia fondamentale, come per esempio storia, perchè è un livello minimo di prestazione che dovrà mantenere.

Nel momento in cui una regione non sarà in grado di garantire un livello minimo di prestazione lo Stato erogherà dei bonus per consentire a quella regione di recuperare il terreno perduto e garantire ai cittadini quel livello di servizio minimo.

L’autonomia, perciò, non sarà totale. Inoltre, la legge dovrà passare alla Camera, poi verranno applicati degli emendamenti, tornerà al Senato e infine ci sarà il vaglio del Presidente della Repubblica. Il disegno di legge non è quindi definitivo.

Un’opinione favorevole

Il primo ospite della serata è Simone, uno chef. A suo parere l’autonomia differenziata potrebbe essere una grande opportunità per l’Italia, in quanto il nostro è un Paese formato da popoli diversi uniti in una nazione, o addirittura in una regione. La sua idea è che l’autonomia differenziata è uno step iniziale utile per dare alle regioni più controllo sui processi gestionali e amministrativi.

Le amministrazioni regionali, in tal senso, saranno più responsabilizzate e avranno più interesse nell’amministrare in modo migliore le materie oggetto di autonomia. Infatti, pensa anche che, dopo il fallimento della Cassa del Mezzogiorno, con l’autonomia i cittadini meridionali saranno più responsabilizzati e faranno più attenzione agli investimenti delle imposte per poterne trarre beneficio loro stessi in seguito.

Per quanto riguarda la gestione dei rapporti internazionali, invece, Simone ha una visione di spaccatura con l’Europa: la spinta centralistica europea è opposta a quella federativa a cui sta approcciando l’Italia.

Un’opinione contraria all’autonomia

Di opinione completamente differente è il secondo ospite della puntata, Alessandro, un organizzatore di eventi. L’autonomia sarebbe, a suo avviso, un passo verso un dislivello ancora più evidente tra le regioni locomotrici del Nord e quelle del Sud. Un’Italia a 20 velocità diverse.

Una sua valutazione di un preesistente squilibrio riguarda anche la sanità: tanti pazienti oncologici meridionali si curano in strutture di eccellenza del Nord come lo IOV di Padova. Inoltre, investitori esteri avrebbero ancora meno scelte da compiere, poiché se il Nord ha più infrastrutture, parla banalmente di ferrovie e autostrade, i finanziamenti saranno certamente fatti al Nord Italia.

Alessandro parla anche di un divario circa l’istruzione. La disparità sociale è data da questioni qualitative di insegnamento, quali per esempio la quantità di professori assegnati per alunno o la disponibilità del servizio scuolabus. Infine, la responsabilizzazione di cittadini e regioni, a suo parere, è un boomerang. Questo perchè avendo più autonomia, la possibilità che le amministrazioni utilizzino in maniera scorretta i fondi è ancora più elevata.

La probabile futura disparità socio-economica

Questi punti appena discussi generano opinioni contrastanti. L’autonomia è un argomento presente negli articoli 116 e 117 della Costituzione, sulla base dei quali è stato redatto il ddl Calderoli. Preoccupa la formula adottata per l’autonomia differenziata: tutte le regioni dovranno presentare il proprio progetto, che una volta applicato potrebbe generare un po’ di confusione poiché ciascuna avrà competenze diverse su materie differenti.

Una probabile disparità potrebbe essere generata dalla necessità di garantire i livelli essenziali di prestazione. Con le modalità attuali è lo Stato a ripartire i fondi, derivanti dalle imposte derivanti dalle regioni, ai servizi regionali. Se venisse applicata l’autonomia differenziata, le regioni avrebbero autonomia nella gestione dei flussi fiscali. Per questa ragione se una regione restasse indietro nell’erogazione di alcuni servizi essenziali lo Stato dovrà dare dei finanziamenti. In questo caso lo Stato è obbligato o a lasciare indietro la regione che non ha saputo colmare le necessità dei suoi abitanti, oppure a fare debito.

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