Ermelinda Damiano: centri anti-violenze efficienti sul veneziano

I centri di accoglienza per le donne e i bambini maltrattati di Venezia sono a pieno regime. Le violenze domestica durante le chiusure sono esplose. Fortunatamente sempre più donne decidono di denunciare. Ne parliamo con Ermelinda Damiano

Ermelinda Damiano il presidente del consiglio comunale di Venezia è attiva nel mondo del sociale. In questi mesi di Covid ha affiancato l’Assessore Venturini ai servizi sociali facendo fronte al contrasto dei maltrattamenti e alle violenze domestiche.

Ermelinda Damiano

Nel comune di Venezia, abbiamo la fortuna di avere un grande centro anti-violenza che proprio l’anno scorso ha compiuto 25 anni di attività. Voglio ricordare che è il primo centro pubblico d’Italia e oltre allo sportello anti-violenza storico di Mestre in Villa Franchin l’anno scorso abbiamo aperto altri due sportelli: uno a Venezia e uno sul Lido proprio per essere presenti su tutto il territorio comunale.

La pandemia ha un altro aspetto negativo. Tante donne si son ritrovate a convivere forzatamente con uomini violenti e di fatto i numeri non sono rassicuranti.

Centri anti-violenza pieni: apertura di 2 nuove sedi

I centri sono pieni, ha detto Ermelinda Damiano, e noi abbiamo due case rifugio che non son bastate ad accogliere le donne i i figli minori. C’è stata tanta solidarietà da parte del territorio e dagli Hotel del territorio che si sono prestati ad accogliere le donne e i loro bambini. Solo nel 2020 contiamo 248 donne che si sono rivolte al centro anti-violenza e 32 che hanno iniziato un percorso d’uscita dalla violenza. Una cosa molto triste che si è parlato quest’anno in tutta Italia di pandemia. l’ISTAT ha parlato di una diminuzione di omicidi ma un aumento di femminicidi e quindi i numeri sono davvero preoccupanti.

E’ un tema rispetto al quale vogliamo essere presenti sul territorio, vogliamo sensibilizzare la comunità e dire a tutte le donne vittime di violenza che non sono sole perché noi siamo pronte ad accogliere e accompagnarle in questo percorso di uscita dalla violenza.

Il centro è aperto e disponibile sia per le famiglie extracomunitarie che per quelle italiane

E’ un problema trasversale. Nel nostro centro son più le donne italiane a rivolgersi al centro anti-violenza. Probabilmente per un fattore culturale.

A questo proposito vorrei dire che c’è un nuovo progetto del nostro centro anti-violenza e sono degli opuscoli che stiamo distribuendo sul territorio. Fino all’anno scorso erano solo in lingua italiana ora li abbiamo tradotti in 5 lingue per dare l’opportunità a tutte le donne di diversa nazionalità di conoscere i servizi del territorio e sapere dove rivolgersi in caos di violenza.

Quali sono gli atteggiamenti psicologici di queste donne? quanto tempo è servito per far partire una denuncia?

Sicuramente la denuncia è un atto molto forte e molte donne si vergognano difronte a questi episodi. Io non voglio entrare nel merito della vicenda di Grillo però.

Molti si rivolgono al centro per essere ascoltate e aiutate nel percorso da intraprendere. La denuncia è l’ultimo step prima di iniziare un vero e proprio progetto di uscita della violenza. Oltre alla vergogna le donne non si rendono conto che stanno subendo un a violenza hanno bisogno di qualcuno che dal punto di vista psicologico le aiuti a realizzare quello che stanno vivendo e la denuncia non è il primo atto che le donne compiono. A volte ci vogliono molti mesi prima di arrivare a una denuncia.

Che tipo di maltrattamenti hanno denunciato prevalentemente? Maltrattamenti psicologici o fisici?

I dati dicono il 39 % violenza psicologica il 29% quella fisica e il 16% quella economica. Questi son i tre settori dove ci sono più episodi di violenza. La violenza psicologica non è da sottovalutare è una violenza molto insidiosa e difficile da riconoscere. Ci sono tantissimi casi di violenza psicologica oltre a quella fisica. Ci fa riflettere anche la violenza economica perché molte donne non si rivolgono al centro anti-violenza perché dipendono economicamente da questi uomini.

I percorsi che le donne intraprendono nel centro anti-violenza sono anche percorsi di reinserimento nel modo del lavoro. Le donne vengono accompagnate dall’inizio fino al reinserimento nel mondo del lavoro perché molte donne si ritrovano con figli minori ad affrontare una situazioni difficili e in caso di dipendenza economica hanno bisogno di un lavoro. Il nostro territorio è molto solidale e attivo.

Il “carnefice” sa che sta facendo una violenza psicologica? Molti psicologi dicono che bisognerebbe rieducarli perché non sanno di essere violenti.

E’ un problema che ci stiamo ponendo. Stanno nascendo molte associazioni rivolte agli uomini violenti. Ovviamente la presa in carico è volontaria e un uomo deve essere consapevole di avere questo problema. Sicuramente c’è da lavorare sull’aspetto del uomo.

Questo problema di violenza riguarda solamente le famiglie con disagi economici o anche quelle benestanti?

E’ un problema soprattutto trasversale che riguarda tutte le donne di tutte le fasce d’eta ceti sociali e di tutti livello d’istruzione. Molte donne hanno un livello d’istruzione superiore.

I bambini si ritrovano a vivere la violenza in casa e poi essere sradicati dalla loro famiglia ed essere ricollocati in un ambiente estraneo.

Il discorso dei bambini non è da sottovalutare. Le professioniste che seguono queste donne sono abituate a lavorare con i bambini. la parte psicologia è fondamentale.

Questi bambini cresceranno con disagi e problemi non irrilevanti. La fascia d’età dei minori che accogliamo nelle case rifugio va dai 2 ai 14 anni. Sono nella fase preadolescente e iniziano a realizzare il problema. La parte di lavoro con loro è fondamentale per la loro crescita e per l’approccio con le altre persone, ha concluso Ermelinda Damiano

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